Reputazione online, tra diritto all’oblio e rischi della “pulizia digitale”

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25 Febbraio 2022
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Reputazione online e offline sono ormai due componenti non divisibili o quasi dell’esistenza di milioni se non miliardi di persone. Una nuova condizione che spesso non è considerata con l’attenzione che meriterebbe o con la formazione che necessiterebbe. I risultati possono essere tragici o tragicomici, con l’aggravante per cui internet non dimentica e nella rete resta sempre traccia di tutto. Quasi tutto. Perché accanto a norme che negli anni sono state studiate e approvate come quelle relative al “diritto all’oblio” si affiancano insidie e questioni fino a questo momento poco affrontate, ma che potrebbero diventare di forte attualità.

A pensar male si fa peccato, ma spesso pure ci si azzecca, e allora quanto è distante il momento in cui anche chi non sempre è proprio dalla parte giusta della legge inizierà a pensare che eliminare dal web certi articoli o contenuti nei suoi confronti sia un investimento redditizio? Perché in fondo, il grosso problema di ogni strumento è l’utilizzo che se ne fa, ma se a mancare sono formazione e consapevolezza rispetto allo stesso allora sì che le cose si complicano e i rischi sono dietro l’angolo.

Un mercato da 240 miliardi di dollari

Il sito canadese The Walrus in un lungo articolo intitolato “Il lavoro sporco di pulire la reputazione online” riferisce che, sul mercato, il valore dell’attività riparatoria online di come venga visto qualcuno o qualcosa possa essere stimato in 240 miliardi di dollari. Un’enormità. A cui si aggiungono le attenzioni che sempre di più manager, politici, aziende, istituzioni, ma anche persone ordinarie dedicano a questo specifico settore

Il primo pensiero va alle aziende: un sondaggio del 2020 ha rilevato che un feedback negativo su forum pubblici come Yelp o Facebook può allontanare il 92% dei consumatori da un brand. Non è difficile capire quanto possa essere forte e sintonizzata l’attenzione nei confronti di quello che viene scritto o pubblicato online. Non si parla certo di censura, certamente però si tratta di un elemento che evidentemente ha un peso all’interno delle strategie aziendali. Serve essere percepiti in un certo modo, è necessario avere una reputazione che sia credibile e forte a tutto tondo, tanto nella realtà quanto nel mondo virtuale

Senza arrivare a questioni milionarie, anche soggetti privati possono avere la necessità di “aggiustare” la propria reputazione online. Eliminare contenuti vecchi che non riguardano più la propria persona può essere tanto complicato quanto utile per non rischiare di vedere perpetrato nei propri confronti un accanimento inutile e dovuto a fatti superati o addirittura smentiti da aggiornamenti più recenti. Questa parte di diritto all’oblio non solo è giusta, ma anche doverosa

L’esempio virtuoso di Tutela Digitale

Cosa accadrebbe invece se personaggi discutibili iniziassero a provare ad “aggiustare” la propria presenza online sfruttando servizi nati con l’intento di aiutare persone, personalità e istituzioni “vittime” di errori e manipolazioni? Certo la letteratura criminale spesso racconta che un’aura da cattivi piace a certi tipi di personalità, la possibilità però non è del tutto da escludere perché in fondo le aziende che forniscono questi servizi potrebbero non farsi lo scrupolo morale di vedere chi li richiede, di fronte a importanti somme economiche

C’è chi però ha già messo le mani avanti da questo punto di vista, chiarendo da subito che determinati soggetti non possono usufruire di questa possibilità. In Italia, per esempio, è il caso di Tutela Digitale, startup bolognese nata nel 2017 che non accetta clienti che hanno commesso reati contro la persona, quindi non c’è spazio per pedofili, assassini e stupratori.

I fondatori di Tutela Digitale, photo credit: tuteladigitale.it

Per qualcuno avere questi dubbi sembrerà semplicistico, se non quasi moralistico. Comprensibile, a patto di non accantonare la questione, anche guardandola da altre angolazioni

Ci leggiamo presto!

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