La televendita (o telepromozione) è cresciuta negli anni in importanza fino a diventare un sottogenere televisivo a sé. Prima dei reality, prima dei talent, prima degli influencer, sono stati i presentatori di questi spazi a portare per primi la gente in tv, diventando vere e proprie star del piccolo schermo e coniugando fiuto per il marketing a presenza televisiva fuori dal comune. Gazzetta vi propone una carrellata dei cinque, a nostro giudizio, televenditori italiani più iconici.
Non è la prima volta che Gazzetta si occupa di televenditori italiani. Abbiamo iniziato con Aiazzone, abbiamo proseguito con l’intervista a Giorgio Mastrota e siamo arrivati alla nostra personalissima recensione sulla miniserie Netflix Wanna, dedicata alla “premiata ditta” Marchi-Nobile. In tutte queste storie, abbiamo sempre evidenziato l’importanza dei personaggi, ma non abbiamo dimenticato di sottolineare la caratteristica principale del successo di questi nomi ultra noti: la loro capacità di coinvolgere il pubblico fino a indurlo a comprare, a distanza e senza avere la possibilità di toccare con mano, un vastissimo range di prodotti. Praticamente un e-commerce ante litteram.
Televendite e televenditori italiani, la genesi
È proprio questa la definizione di “televendita”. Si tratta di uno spazio televisivo in cui viene presentato un prodotto e il pubblico ha la possibilità di acquistarlo direttamente, generalmente tramite telefono. Il genere è nato negli anni ’80, quando con l’avvento delle TV private si è visto come la televendita fosse il mezzo ideale per coprire due necessità: riempire i buchi di palinsesto e portare introiti economici all’editore. La novità di poter acquistare dalla tv (fino ad allora il massimo era stato la vendita per corrispondenza tramite cataloghi, come i celeberrimi Vestro e Postalmarket) indusse il pubblico ad appassionarsi fino a far diventare in alcuni casi le televendite i momenti più visti della giornata.
Poteva trattarsi di contenuti registrati, in questo caso chi telefonava si interfacciava con un centralino che raccoglieva l’ordine ed eventualmente dava delle informazioni, ma in alcuni casi le televendite erano in diretta e i telespettatori potevano, sempre telefonando, intervenire e interagire. Nascevano allora dei veri e propri momenti reality, con il pubblico da casa che si prendeva letteralmente la scena.
Quasi subito il genere si è attirato le simpatie di comici e cabarettisti che hanno iniziato a proporre sketch basati su televenditori italiani esistenti o inventati, ottenendo sempre grandi successi. Questo scambio non fece altro che far conoscere questa nicchia di professionisti a un pubblico sempre più vasto e a alimentare tormentoni e modi di dire. Vi proponiamo un giovanissimo Ezio Greggio a Drive In, nei panni del banditore dell’Asta Tosta. Chi non ha mai desiderato il mitologico Teomondo Scrofalo?
Non stupisce, quindi, che i televenditori italiani abbiano goduto di momenti di ampia notorietà fino a rimanere ancora oggi impressi un po’ a tutti noi. Volevamo proporvi una classifica dei più iconici, ma ci siamo resi conto che è impossibile. Ognuno di noi ha il suo preferito, compagno di lunghe mattinate quando per un motivo o per l’altro non si andava a scuola, e farne una graduatoria avrebbe sicuramente scontentato qualcuno. In ordine sparso, allora, carrellata sul boulevard dei ricordi!
Sergio Baracco
Sergio Baracco è sicuramente un personaggio che definire “pittoresco” è poco. Attivo negli anni ’90 in vari circuiti di tv locali, vendeva principalmente gioielli (provenienti da Valenza, la capitale dell’oreficeria artigianale italiana). Palesemente finti ed esageratamente pacchiani, venivano tuttavia presentati come se fossero, né più né meno, i crown jewels custoditi nella Torre di Londra a sole novantanovemila lire.

Rotacismo esagerato e fastidiosissimo, stile clownesco, silenzi di riflessione seguiti urla improvvise e trovate da teatro di rivista: tutto questo e molto altro era Sergio Baracco, un televenditore talmente riconoscibile da diventare ispirazione per i Fichi D’India e il loro tormentone amici ahrahrahra diventato anche il titolo del primo film del duo comico. “Amici” era anche l’incipit di ogni sua frase, mentre dichiarava che la regia gli impediva di applicare sconti troppo clamorosi (ma lui li concedeva ugualmente), mentre confessava di dover scappare altrimenti avrebbero tentato di fermarlo fisicamente dal proporre l’affare del secolo, mentre saltava e ballava sul tavolo e lanciava alla telecamera l’intero lotto di pavuv di vubini Buvman sangue di piccione (con immancabile punto luce in omaggio).
Baracco finì anche invitato alla trasmissione di Raitre in difesa dei consumatori Mi manda Lubrano, durante la quale lanciò una torta addosso al presentatore. Momenti di una tv che non tornerà più.
Se gli exploit di Sergio Baracco vi mancano, sappiate che è tornato in video, sempre sulle tv private. Si occupa di preziosi e ve lo diciamo prima che rimaniate delusi: le urla appartengono al passato, ora il profilo è molto più basso. Ma la inconfondibile “R” è ancora lì.
Roberto Da Crema
Roberto Da Crema fa parte di quell’èlite di televenditori italiani riusciti diventati veri e propri personaggi televisivi indipendentemente dall’attività pubblicitaria. Una volta venduto ogni genere di oggetto e paccottiglia varia, è riuscito a reinventarsi come concorrente di reality e a guadagnarsi comparsate in programmi da tv generalista.
Approccio tipico da imbonitore, tono di voce esageratamente alto, grande capacità di improvvisazione, ma soprattutto quel rantolo asmatico che è diventato il suo marchio di fabbrica insieme alla mano picchiata con forza sul tavolo. Il mitico Baffo con queste sue doti naturali riuscì a incantare anche una platea di esperti di marketing americani, come racconta in questa intervista. Non sappiamo se fossero più iconiche le sue televendite o la sigla che le introduceva, in ogni caso è senza dubbio storia della tv. Parola di Baffo!
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Franco Boni
Il mondo dell’arte è un microcosmo a parte nel mondo delle televendite. Quadri, tappeti, sculture, qualsiasi cosa possa anche solo vagamente richiamare un che di artistico, è finito tutto nel tritacarne catodico proposto a prezzi più o meno stracciati. Vendere un’opera d’arte a distanza è difficile di per sé: il target è ristretto e di certo coloro che se ne intendono non comprerebbero mai senza vedere e valutare di persona. Bisogna allora essere istrionici, per far arrivare il messaggio anche ai meno avvezzi e convincerli a fare l’investimento.
Nel circuito dei televenditori italiani dell’arte un posto di rilievo se lo è ritagliato Franco (Francesco) Boni, critico d’arte romano prestato al piccolo schermo negli anni ’80. Proprio Boni è stato cofondatore di Telemarket, un canale privato (attualmente non più attivo come emittente) che trasmetteva solo televendite di arte.
Il tono di voce di Franco Boni e soprattutto il suo modo di imporre la sua competenza (tipico il rifiuto di interloquire con chiunque non fosse alla sua altezza), invitando all’acquisto di improbabili croste con mirabolanti promesse di fantasmagoriche rivalutazioni sono diventati talmente iconici che Corrado Guzzanti basò proprio su Boni il personaggio del dottor Armà, comparso in L’Ottavo Nano (compresa la parodia di Telemarket, che diventa TeleProboscide ironizzando sul logo con l’elefante). Vi ricordate quanti salotti sono diventati grandi protagonisti del ‘900?
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Alessandro Orlando
Sempre da Telemarket arriva Alessandro Orlando, protagonista di un’incredibile quanto rapida gavetta tra le fila dei televenditori della rete fino a diventarne il volto di punta. Non solo quadri per lui, ma anche tappeti e antiquariato di qualsiasi genere, collocazione quasi esclusivamente notturna ma rigorosamente in diretta. Tutto accomunato da uno stile unico: dialoghi diretti con il pubblico, esortazioni plateali, le opere descritte attraverso storie incredibili (e spesso tutt’altro che attestate), accento toscano mal dissimulato, momenti di intensa drammaticità contrapposti ad attimi di guasconeria.
Alessandro Orlando è ora titolare della galleria Orlando Arte e continua con le televendite proponendo le opere che gestisce in prima persona. Non sembra essere cambiato troppo dagli anni ’90, tranne che per i nomi che propone, adesso molto più prestigiosi degli artisti passati da Telemarket. Complice una carriera lunghissima e, come abbiamo detto, ancora in corso, Orlando è riuscito a diventare l’archetipo del televenditore di opere d’arte scalzando Franco Boni dal cuore dei telespettatori.
Neanche il suo caratterino sembra essersi addolcito negli anni: in questa intervista, non le manda a dire all’ex patron di Telemarket Giorgio Corbelli, colpevole, a suo dire, di non aver creduto abbastanza nel suo personaggio, nonostante fosse ormai chiaro a tutti l’essere diventato il “numero uno”. Nel variegato panorama dei televenditori italiani, Orlando è ancora un king.
Roberto Artigiani
Vi abbiamo finora parlato di televenditori italiani dalle caratteristiche piuttosto simili tra loro. Una su tutte, una certa aggressività nel rivolgersi al pubblico che è abbastanza tipica di chi deve vendere qualcosa. Si dice anche adesso nei corsi di vendita e di neuromarketing, non bisogna dare troppo tempo all’interlocutore per capire cosa sta comprando altrimenti l’acquisto, che è un atto d’impulso dettato dalla necessità di soddisfare un bisogno immediato, sfuma. Ora si tende a dare importanza ai giri di parole, allo sfoggio di competenze, agli eloqui forbiti, all’importanza delle domande e dell’ascolto attivo. Prima, molto più prosaicamente, si urlava.
Ecco spiegato il successo di Wanna Marchi, di Roberto Da Crema, di Sergio Baracco. Ti catturavano con le urla e c’era la grossa possibilità che alla fine dell’ora di televendita fossero poi riusciti a venderti qualcosa. Questo modo di vendere era diventato ormai quasi un cliché, al punto da chiedersi se avrebbe avuto senso un televenditore pacato, rassicurante, dai toni familiari, dal sorriso bonario e dall’aspetto del buon padre di famiglia. La risposta è si, quel televenditore esisteva e rispondeva al nome di Roberto Artigiani.
Come il Baffo, Artigiani vendeva di tutto. Sarebbe stato benissimo dietro al bancone di una di quelle ferramenta di paese, stipate fino al soffitto di cassetti e scatole. Sempre impeccabilmente vestito, sempre sorridente, sempre pronto a illustrare la meraviglia tecnologica del momento, Roberto Artigiani riempiva intere mattinate di programmazione con voce impostata, ammiccamenti, ampia ma controllata gestualità e riferimenti ai suoi figli, alla famiglia e alla voglia di fare risparmiare gli italiani con i suoi oggetti imperdibili a prezzo piccolissimo.
Per quanto tutti lo ricordiamo per la televendita del Magic Harry, il tagliacapelli che avrebbe fatto dimenticare l’esistenza del barbiere, Roberto Artigiani ha veramente coperto tutto il vendibile: frullatori e altri utensili di cucina, oggetti per il fai da te, pancere, articoli per la pulizia della casa, aggeggi per rimediare ai graffi dell’auto ma soprattutto tecnologia. Roberto Artigiani era l’Andrea Galeazzi dei papà degli anni ’90, ambiva a riempirti la casa di cineserie strampalate rivendute a prezzi più che maggiorati quando in realtà era abbastanza chiaro che il valore reale fosse di poche decine di migliaia di lire.
Il non plus ultra erano le console per videogiochi contraffatte. In barba a qualsiasi legge del copyright, l’oggetto del desiderio era un vasto catalogo di titoli memorizzati all’interno di un unico apparecchio, sovente un joypad da collegare alla tv. Ore e ore di divertimento a un prezzo irrisorio e mai più i pargoli avrebbero assillato i genitori per avere nuove cartucce o dischetti! Impossibile annoiarsi! Grandi momenti di intrattenimento per tutta la famiglia! Insomma, capolavori che solo la tv italiana degli anni ’80-’90 ha saputo regalarci.
Eccoci arrivati in fondo alla nostra personalissima classifica-non-classifica dei televenditori italiani più iconici degli ultimi 40 anni. Smaniamo dalla voglia di sapere quale sia il vostro preferito: vi aspettiamo sui social.
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credit immagine di copertina ilfattoquotidiano.it