Dopo lo scandalo Victoria’s Secret, Heidi Klum ci ricasca con Intimissimi: davvero avevamo bisogno di un ennesimo spot di intimo così poco inclusivo?
Lo stiamo vedendo in altissima rotazione praticamente ovunque in questi giorni: è lo spot di Natale Intimissimi che per la ricorrenza speciale ha scelto due super testimonial. Le protagoniste sono infatti Heidi Klum e la sua prima figlia, la neodiciottenne Leni, avuta da Flavio Briatore (ma da quest’ultimo mai riconosciuta).
Uno spot che, a dire la verità, è ben lontano dalle atmosfere goliardiche e spiritose della sua controparte maschile, quella di Intimissimi Uomo con Diletta Leotta. Nella nuova campagna madre e figlia (decisamente poco vestite) scherzano tra di loro, si esibiscono in pose plastiche durante uno shooting, ammiccano e giocano sulle note della celeberrima aria Largo al factotum, dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Una scelta musicale per la verità molto poco natalizia e poco natalizia è del resto tutta l’atmosfera dello spot. Rivediamo le due di rosso vestite (e Leni più coperta) solo nel frame finale.

Le polemiche non sono tardate ad arrivare e si rintracciano nei commenti social ai post del brand e delle due protagoniste: è evidente come l’eco sia arrivata addirittura oltreoceano.
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Fondamentalmente, le critiche sono rivolte alla scelta di sessualizzare in maniera così “estrema” una neomaggiorenne e per di più insieme alla madre. Quella che internet (e anche qualche media generalista) definisce la “legge della maniglia” portata alla ribalta del grande pubblico, insomma. Non è però solo questo!
Lo spot Intimissimi è l’ennesimo sfoggio di scarsa inclusività di cui, francamente, non sentivamo il bisogno. Il marchio aveva compiuto dei passi avanti in questo senso quando, qualche anno fa, aveva annunciato l’allargamento del range delle taglie per accogliere più tipi di “curve”. Le modelle, però, restano sempre le stesse: bellissime e soprattutto magrissime, un tipo di fisicità più volte definito “tossico”, irrealistico e irraggiungibile. Consultare la pagina Facebook ufficiale per credere.
Certo, il sito Intimissimi dice esattamente il contrario (e come potrebbe essere diversamente, del resto): parla di “complicità tra madre e figlia, fiducia in sé stesse e supporto” e “le collezioni sono fatte per tutte le esigenze e forme del corpo, con l’obiettivo di far sentire ogni donna al proprio agio”. Peccato per l’evidente e stridente contrasto tra i copy e le immagini.
Prima di Intimissimi, un precedente pesante
Vi avevamo parlato qualche tempo fa di Victoria’s Secret e della sua svolta che sapeva di woke washing (recuperate tutta la storia qui). Vi ricordate chi è stata per tantissimi anni il volto di punta del contestato marchio americano? Proprio lei, la splendida quarantanovenne Heidi Klum!
Certo, è da precisare che la Klum aveva cessato ogni rapporto con VS ben prima che scoppiasse il disastro, ma è anche da sottolineare come proprio lei fosse stata tra i simboli di quella golden age che poi si è rivelata ricca di lati oscuri. Non proprio qualcosa di cui andare fieri, insomma.
Pubblicizzare l’intimo in maniera inclusiva, si può?
Certo!
Citofonare Rihanna Fenty, una celeb che ha fatto dell’inclusività la sua bandiera. Inizialmente con la sua linea cosmetica Fenty Beauty (prima nella grande distribuzione a includere oltre 40 shades di fondotinta, per coprire ogni tipo di tono e sottotono) e poi con il marchio di lingerie Savage x Fenty, nato e sviluppato per accogliere e valorizzare ogni tipo di fisicità.
Non solo a parole, ma nei fatti: le sfilate, le foto dei cataloghi e le immagini presenti sul sito comunicano un vero messaggio di accettazione verso tutti i corpi, vestiti da capi che possono veramente essere acquistati da chiunque.

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Ulteriore esempio è dato dalla regina del burlesque Dita Von Teese, anche lei ideatrice di una linea di intimo che porta il suo nome e si caratterizza per un approccio più luxury, ma ugualmente diretto a tutte le fisicità possibili.


Tutti modelli, questi, che vengono da oltreoceano dove il discorso dell’inclusività è oggettivamente molto più sentito, discusso e affrontato. Guardando alle campagne dei marchi italiani (oltre a Intimissimi citiamo anche il brand madre Calzedonia che fa riferimento a una sempre magrissima Chiara Ferragni e Golden Point, che da qualche stagione si fa rappresentare da Federica Nargi), possiamo serenamente affermare che abbiamo ancora tanta, troppa strada da percorrere.
L’auspicio è che si possa, speriamo in un futuro non troppo lontano, arrivare a discutere dell’inclusività fisica con la stessa sensibilità che stiamo tentando di sviluppare verso il mondo LGBTQ+ e i suoi diritti (una strada, questa, ancora in salita purtroppo). Il ritmo con cui l’Italia accoglie questo tipo di cambiamenti sembrerebbe suggerire risposte sconfortanti, ma abbiamo alle porte i Millennials e la Gen Z che potranno, speriamo, dare in questo senso un grosso contributo.
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credits foto copertina intimissimi.it