Greenpeace sceglie la leva dell’ironia della morte per costringere i danesi a riflettere su un triste pericolo che incombe sull’ambiente
L’ironia legata alla morte esiste da sempre in pubblicità ed è anche una delle leve più semplici per creare empatia divertendo. Non l’ha, insomma, inventata Taffo. Più raramente, però, questa soluzione è stata applicata alle emergenze del cambiamento climatico e questo sì che sorprende di più. E ha sorpreso anche i danesi quando si sono ritrovati invitati al funerale di un fiordo da Greenpeace. Una campagna stimolante che è, al contempo, ruvida e ironica. Provocatoria e dissacrante. Di fatto si suggerisce un tono più leggero ad un tema che, purtroppo, ha poco da alleggerire.
Una chiave per riflettere?
Il messaggio centrale è chiaramente focalizzato sull’uso esagerato di fertilizzanti e rifiuti tossici che, anche in una realtà più attenta come quella scandinava, sta soffocando i corsi d’acqua. Le piante e i pesci non trovano più vita e persino i fiordi stanno diventando delle bare liquide. Gusci senz’anima. Per riflettere su tutto questo Greenpeace ha addirittura organizzato una veglia funebre a corredo di una campagna strutturata dall’agenzia &co. Una metafora che preme sull’acceleratore del senso di urgenza per evitare di celebrare una perdita che tocca tutti. Le masse sono istintivamente attratte dall’ironia sulla morte (anche qui Taffo non ha inventato nulla che la psicoantropologia non avesse già sondato) e forse questa potrebbe essere la chiave per veicolare più facilmente i pericoli del riscaldamento globale. Molte porzioni di pianeta, che piaccia o meno, hanno un piede nella fossa.
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