Quante volte ci capita di vedere opere d’arte utilizzate per le campagne pubblicitarie più disparate? Il diritto d’autore è una materia complessa e l’utilizzo a fini commerciali dell’arte è regolato severamente, ancora di più se si tratta di beni culturali.
Arte e pubblicità da sempre sono due realtà intrecciate, alcuni direbbero addirittura che la seconda non potrebbe esistere senza la prima.
Dalle semplici ispirazioni, passando per le citazioni, fino ad arrivare alle riproduzioni vere e proprie e all’utilizzo delle immagini per cui è necessario richiedere appositi permessi.
Non è raro infatti, trovarsi davanti a campagne pubblicitarie che utilizzano foto di monumenti o altre opere d’arte famose per promuovere la vendita dei prodotti più svariati.
Più o meno tutti sappiamo che per utilizzare immagini, suoni ecc. protetti da copyright è necessario chiedere l’autorizzazione al titolare dei diritti (licenza d’uso). Ma la domanda che sorge spontanea in questi casi è appunto: si può usare la foto di un monumento per fare pubblicità? oppure È possibile sfruttare la foto di un’opera d’arte famosa per fini commerciali?
In sintesi, la risposta è si. Altrimenti non potremmo assistere a simili iniziative pubblicitarie.

Scendendo più nel dettaglio della normativa in vigore, la regola generale è che il diritto d’autore scade dopo 70 anni dalla morte del creatore dell’opera. Bene, quindi posso scattare una foto a una statua di epoca romana e sfruttarla per pubblicizzare il mio prodotto? Dipende.
In teoria è possibile, perché ovviamente il creatore in un caso come questo è morto da ben più di 70 anni, ma se l’opera è esposta in un museo, oppure è considerata patrimonio culturale, le regole che vengono applicate sono diverse.
I beni culturali, infatti, esistono da secoli e sono di dominio pubblico, di norma sono gestiti da enti territoriali e istituzioni culturali. La normativa di riferimento in questa eventualità è il Codice dei beni culturali.
Le opere considerate come tali possono essere fotografate e utilizzate liberamente ma a condizione che ciò non avvenga a scopo di lucro e in modo tale da non denigrare l’opera.
Il caso del David di Michelangelo
Questo ad esempio è il caso che recentemente ha coinvolto il David di Michelangelo, su cui si è espresso il tribunale di Firenze, il quale ha stabilito che per chi utilizza riproduzioni di beni culturali a scopi pubblicitari non è sufficiente il pagamento dei diritti di utilizzo. La pronuncia riguarda la riproducibilità del David, attività promozionali che sfruttano l’immagine della statua.
Ma come, ho pagato i diritti per l’utilizzo e mi trovo comunque nel torto? Si, ecco perché.
Le opere considerate come beni culturali, che si trovano in musei o altri luoghi simili, possono essere riprodotte per fini commerciali solo dopo l’apposita autorizzazione dell’amministrazione o dell’ente che le gestisce e pagando il relativo canone.
Gli enti in questione, però, possono richiedere la censura nel caso in cui l’utilizzo dell’immagine concesso venga ritenuto denigratorio oppure offensivo.
Oltre al semplice pagamento dei diritti di immagine, quindi, nel caso dei beni culturali, l’ente che gestisce l’opera (museo, galleria ecc.) può valutare a sua discrezione il grado di compatibilità tra l’utilizzo che se ne fa e il carattere storico-artistico dell’opera.
Insomma, se l’opera viene utilizzata in una maniera non conforme e compatibile con il proprio valore culturale, non solo vengono ritirati i diritti d’immagine ma è previsto il risarcimento del danno non strettamente patrimoniale arrecato.
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Qualche esempio di opera d’arte in pubblicità
Le pubblicità sono ovunque: lungo le strade, in televisione, nei social media che usiamo ogni giorno. Alcune famose campagne sono ormai considerate vera e propria arte, si vedano ad esempio le famose illustrazioni di inizio Novecento. Ma quali sono le opere d’arte più famose che sono state utilizzate nelle pubblicità? Ne abbiamo raccolta qualcuna.
Van Gogh e gli occhiali
Vi avevamo già parlato di questa singolare campagna ideata dal rivenditore di occhiali francese KelOptic ha utilizzato diverse opere di Van Gogh, Monet e Seurat. Indossando gli occhiali lo spettatore riesce a vedere il quadro in modo decisamente diverso. Lo slogan “trasformare l’impressionismo in iperrealismo” ha giocato sulle prime critiche mosse agli impressionisti, per cui i loro quadri fornivano solamente una visione sfocata della realtà, cosa che non succede indossando gli occhiali.

Questa non è una pubblicità (Allianz)
Allianz, il colosso tedesco di servizi finanziari, ha reinterpretato Il tradimento delle immagini di René Magritte in questa particolare serie di poster pubblicitari per pubblicizzare le proprie polizze assicurative. I poster utilizzavano quattro slogan diversi:
• Questa non è una pipa. / Questo è un contaminatore mortale dei bronchi.
• Questo non è un martello. / Questo è un comune schiacciadita.
• Questa non è una buccia di banana. / Questo è un dannoso livido alla schiena.
• Questa non è una tegola. / Questo è un provocatore di urti dolorosi.




La Gioconda, un vero e proprio testimonial
Alcune opere d’arte sono talmente famose da risultare immediatamente riconoscibili, anche se lievemente alterate. Questo è il caso della Gioconda di Leonardo, forse l’opera più celebre al mondo e sicuramente una delle più utilizzate in pubblicità.



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Opere d’arte in pubblicità? Occhio alle norme specifiche
Insomma, la richiesta per l’autorizzazione è il primo fondamentale passaggio per l’utilizzo di opere d’arte in pubblicità. In caso di beni culturali, poi, l’ente gestore valuterà anche la coerenza del progetto con il valore culturale dell’opera.
L’ordinanza relativa al David è una delle tante in Italia, tra l’altro neanche la prima con oggetto il capolavoro di Michelangelo, che evidenziano l’orientamento della giurisprudenza in materia.
Lo sfruttamento dell’immagine a fini pubblicitari è esclusiva totale del proprietario dell’opera o dell’amministrazione che la gestisce.
Chi si trova a voler realizzare campagne pubblicitarie con protagonista un’opera d’arte dovrà prestare molta attenzione alla normativa vigente per evitare di dover procedere a rimborsare risarcimenti in seguito ad eventuali rivendicazioni.
Ci leggiamo presto!