Vivere i Cannes Lions direttamente nella città che li ospita cambia percezione e prospettive di un evento che in Italia conosciamo ancora troppo poco. Tra hamburger a 31 euro e status symbol da festa
La prima cosa che ho imparato di Cannes è disambiguare. Come Wikipedia.
Sì, perché per buona parte dell’Italia “raccontare da inviato il Festival di Cannes” significa occuparsi di grandi pellicole e cinema d’essai. “Forse intendevo Cannes Lions il Festival Mondiale della Creatività”? fai prima a rispondere citando Google. Insomma ti trovi a spiegare che “non è quel” Festival di Cannes ma non è nemmeno il Festival di Cannes meno famoso”. Almeno non nel resto del mondo. Una fatica.
Tutto questo, comunque, avviene prima di fare rotta fisicamente verso la Costa Azzurra. Diciamo che è parte del lavoro preparatorio lato società civile italiana: esplicativo. Una volta arrivato a Cannes, invece, ti liberi decisamente di questa necessità perché tutti, ovviamente, percepiscono la portata esponenziale dell’avvenimento che stanno per vivere. Sarebbe didascalico spiegarlo. Ca va sans dire (come pensiamo dicano i francesi che in realtà non lo dicono mai).
E adesso cosa scegliamo?
Purtroppo subentra immediatamente un’altra criticità: individuare cosa coprire. Scegliere cosa raccontare. La sensazione è la stessa delle grandi colazioni degli albergoni della Croisette: buffet sterminati che tanto già sanno che non potrai mangiare tutto e dovrai optare solo per qualcosa. Quel troppo che non stroppia. Rimanendo accoccolati nella metafora possiamo azzardare che tutto il meccanismo degli Awards sia appena il caffè o il cappuccino. La base da cui partire, la prima chiamata e il pretesto. Il resto, vastissimo, è tutto da scoprire. I Cannes Lions hanno tre anime: un po’ come Cerbero ma leonine. C’è quello che accade nel Palais del Festival (il concorso ma anche gli ospiti internazionali), quello che accade all’esterno tra i lidi affacciati sul mare e quello che accade negli alberghi. Tre situazioni differenti che si compenetrano. Le attivazioni gigantesche dei brand mondiali (da Meta a TikTok passando per Netflix e Amazon) trasfigurano la città rendendola un polipo di punti di interessi. Spokeperson emergono come funghi sotto una copiosa pioggia di iniziative. I Calendar, di Google o direttamente dell’applicazione Cannes Lions (strepitosa), diventano velocemente BFF of the week. Si rischia il burnout solo a programmare le giornate. Forse anche per questo, dentro ogni toilette pubblica, l’organizzazione dei Cannes Lions si preoccupa moltissimo della salute mentale di tutti dimostrando, fuor di metafora, una sensibilità deliziosa.

Sù e giù da un Palais
Gli incontri con gli ospiti, per dirne una, non sono calendarizzati tutti nel perimetro del Palais ma ogni singolo spazio organizzato dei brand presenta un suo carnet nutrito di appuntamenti. Punteggiano Cannes. Le aziende parlano soprattutto ai media buyer, evidente, ma anche la stampa gode di un occhio di riguardo. Se ce la fa a essere una e trina. I calibri degli ospiti sono sempre di livello. Certo, intervistare Eva Longoria e Spike Lee non aiuta tantissimo nella disambiguazione dal Festival del Cinema di cui sopra, ma vabbè. Ce ne siamo fatti una ragione in fretta.

A Cannes è tutto caro. A Cannes ti offrono di tutto
“A Cannes è tutto caro e durante i Lions anche di più”. Sì vero.
“A Cannes ti offrono di tutto tra mangiare e bere durante i Lions”. Sì, vero anche questo.
Ci rendiamo conto sia un’apparente contraddizione ma è esattamente così. Le vette dei 31 euro ad hamburger o 25 euro a gin tonic vengono bilanciate, per esempio, da ricche colazioni nei luoghi delle attivazioni o consistenti buffet alle conferenze stampa (pratica ormai rara alle latitudini italiche, quasi come trovare un caffè buono a Cannes). Senza dimenticare refill gratuiti di acqua e bevande che stupiscono piacevolmente qui e là. Quindi, tirando una linea statistica dozzinale, alla fine si riesce a rimanere in una media di spesa “normale” grazie al traino, uguale e contrario, degli estremi.

Dimmi che Pass hai e ti dirò chi sei
I Pass di Cannes sono come le chiavi di Locke and Key, serie di Netflix. Ciascuno ha il suo potere differente e specifico ma non aprono sempre tutte le stesse porte. Ci sono quelli Press, quelli per i Contributor, quelli dei Young Lions, quelli del personale del Festival e via così. Il loro valore, spesso, cambia anche in base all’orario. Varchi dove puoi entrare alle ore 14, per esempio, diventano usci invalicabili alle 20. Brand e agenzie, infatti, tendono a riservare gli eventi serali solo agli invitati. “Privat” è la parola più quotata sulla Croisette dopo che il sole ha salutato l’orizzonte. L’imbucata? Molto complessa, quasi impossibile. La creatività, però, ogni tanto premia anche in questo (non entrerò nei dettagli… tudùm). Diciamocelo: sarebbe strano il contrario.

Arcobaleni ai polsi
Chi non ha bisogno di imbucarsi è chi rientra in quel perimetro di “Privat” con accesso alle feste privat solo per invitati privat”. Gli autorizzati ottengono, di norma, un braccialetto colorato. Il risultato è che i collezionisti di privat-autorizzazioni gironzolano per Cannes con un polso di drappi arcobaleno che le mostrine dei carabinieri alto graduati sono poca cosa. Scalpi di party. Quasi uno status symbol nel microcosmo sociale che si crea in città. Ci sono creativi che hanno più braccialetti che presenze al teatro Lumiere, per dire…

Chi abita a Cannes ama i Cannes Lions?
Tra le cose che ho capito ai Cannes Lions ce n’è una che non ho capito: non sono certo che alle persone che abitano a Cannes i Cannes Lions piacciano. Esaurito il numero di vocabolo “Cannes” usabile in un paragrafo provo a spiegare.
Alcuni dei residenti di questa cittadina (alla fine piccola, considerando i 74.000 abitanti come Asti) sono italiani. Ne abbiamo conosciuto qualcuno e il settore di impiego è, per lo più, nella ristorazione (ça va sans dire part 2). Per loro i Cannes Lions sono una straordinaria opportunità (con la Margherita a 15 euro lo sarebbe anche la festa per la comunione). Per il resto degli abitanti va considerato che la struttura urbana viene completamente rivoluzionata. La viabilità sulla Croisette, per esempio, è drammaticamente congestionata con gli automobilisti che usano il clacson come mezzo di protesta. I lidi, dal canto loro, vengono trasfigurati e, come raccontato, diventano spesso inaccessibili privè. Di facile accesso non lo sono mai (i prezzi non sono proprio quelli di Enrico Il Bagnino) ma durante i Lions è possibile accedere davvero al mare solo dalla spiaggia libera. Una prospettiva che potrebbe non entusiasmare chi è abituato a farsi un tuffo al mare nel tardo pomeriggio o i turisti vacanzieri.

Questo l’ho capito
A Cannes durante i Lions si dorme poco. Cinque giorni di Festival, dunque, valgono in realtà come dieci. Almeno. Un tempo sufficiente per rendersi conto di vivere in una bolla di stimoli saettanti. Qualcosa di unico che al sabato, come sapone, svapora sino al prossimo giugno.
Lasciandoti la voglia di ripartire dall’inizio.
Questo, dei Cannes Lions, l’ho capito.
Ci leggiamo presto!