Diretta infuocata, ma in Redazione alla prima del Festival non ci aspettiamo di meno. Quattro anni col telecomando tra i denti davanti ai televisori hanno rodato una macchina pronta: dopo sessantaquattro spot recensiti in diretta e un giorno a lasciar decantare le opinioni ecco una certezza immancabile del Sanremo formato Gazzetta: la top 5 dei migliori commercial visti.
Il nostro Super Bowl quest’anno ci ha regalato più di un sussulto, complice un numero di pianificazioni tematiche sempre maggiore. Quando abbiamo cominciato a spacchettare le pause pubblicitarie del Festival – correva l’anno 2021 – le produzioni ad hoc si contavano sulle dita di una mano: quest’anno, il computo delle ad sanremesi sfonda senza affanno la decina. Un successo speculare agli ascolti bulgari, mai così alti dall’era Baudo, che ci parlano di un movimento creativo italiano sempre più propenso a presentarsi all’Ariston vestito di tutto punto.
Quindi, doverosa nota di metodo: quest’anno, Gazzetta terrà in conto solo gli annunci confezionati per l’occasione e Made in Italy. Per quanto abbiamo assistito a contenuti di qualità globale, vedasi One More di Apple, scegliamo quindi di soffermarci sulla kermesse della pubblicità sanremese e non su prove già da mesi in rotazione o prodotte in batteria per tutti i mercati europei. Conclusa la lista delle premesse, affondiamo le mani in questo policromo sacco di creatività ed estraiamo in ordine la nostra consueta Top 5.
5 – La carota, Esselunga
C’è chi ci ha visto una parabola di autodeterminazione – se vogliamo leggerla in pink, di empowerment femminile. Chi al contrario ha letto l’iniziale assertività del protagonista come il colpo di reni di un padre-padrone sul viale del tramonto. La pianificazione poi non ha di certo placato il tam tam social, con chi ha interpretato la scelta dell’ortaggio arancione come un tiratissimo tentativo di real time marketing in ossequio a Yannik Sinner e al suo trionfo agli Australian Open. La realtà è che Esselunga e SMALL sono ormai diventati partner sì, ma in crime: qualunque cosa esca dal matrimonio tra la corazzata Caprotti e l’agenzia newyorchese polarizza più dell’hairstyle di uno dei La Sad, facciamocene una ragione. Da laici quali dobbiamo essere, cerchiamo di spogliarci di questa ingombrante sovrastruttura e di plasmare un giudizio. Tra le tre multisoggetto prodotte da La Pesca a oggi, La Carota sembra la più solida. Credibile il plot e convincente l’insight universale che coinvolge tanto il pubblico giovane quanto quello più canuto. Corposo lo storytelling, ottimizzato dal formato – un capiente corto da due minuti. I riferimenti alla musica, al karaoke e la scelta di Ti lascio una canzone di Gino Paoli sono un dito indice che punta dritto all’Ariston: spiacenti per i sinneriani in ascolto, ma qui lo spunto instant è proprio il Festival. La messa in onda nei break della prima serata è il terzo indizio che fa la prova.
Agenzia: SMALL
4 – Abbraccia la vita, Borotalco
Studiosi americani – autentici, non posticci come gli indimenticati ricercatori Oral-B – hanno dimostrato che gli abbracci hanno proprietà terapeutiche. La classica scoperta dell’acqua calda ad opera di un ateneo statunitense (in questo caso l’Università della Carolina del Sud), diranno i malevoli. Stringere a noi il prossimo scatena una tempesta di ossitocina che migliora la circolazione sanguigna e apporta benefici all’umore, ma solo a patto di farlo per più di venti secondi. Tu guarda, giusto il taglio media di un rapido passaggio nelle pause del Festival… sta a vedere che è ottima materia per un insight da proporre a un brand che ha fatto della topica dell’abbraccio un asset di marca.
Il monologo interiore passato per la testa di chi, a LePub, ha avuto il paper accademico sottomano potrebbe essere suonato più o meno così. Ciò che vince a man bassa di questa breve ad è far di necessità virtù, stratificatissimo lirismo. Il countdown che scocca è un’attivazione di massa a mezzo televisivo, il cui frutto si consuma però nel non visto dei nostri salotti. Sperimentalismo, wow factor, innovazione e gentilissima cazzimma: per dirla con Leonardo Da Vinci: «La semplicità è la suprema sofisticazione». Non rimpiangiamo Altolà al sudore, insomma, ed è tutto dire!
Agenzia: LePub
3 – La nostra destinazione è la tua meraviglia, Costa Crociere
Il commercial di Costa Crociere per Sanremo ha avuto il suo teaser, in pieno stile Super Bowl. Basterebbe già questo a valere alla big della croceristica un posto in classifica eppure c’è molto di più. Il sing along sulle note di Profumo di Mare di Little Tony è una buona idea accelerata da uno sforzo di produzione importante, che guarda dritto in faccia alle innovazioni. Una splendida carrellata di caratteristi, dalla fioraia ai portuali, dalla scolaresca agli innamorati, canta sulle note del classico. Quando ci si aspetta una chiusa in crescendo, la sorpresa non si fa attendere: la Costa Smeralda si accende con un futuristico ledwall di cabine e brilla delle lyrics del testo, in un dialogo immaginario con i protagonisti. Una grande piramide di Giza della pubblicità italiana recente, ma galleggiante. Non manca tuttavia nulla al comparto creativo per essere inaffondabile: si pensi al copy finale, diretto ma tutt’altro che didascalico e cucito con ago, filo e metro di stoffa sulle curve di un brand che a Sanremo – da pluriennale sponsor ufficiale – non può né vuole permettersi nient’altro che l’abito perfetto.
Agenzia: LePub
2 – Icone, Netflix
Icone è una celebrazione alla settimana santa sanremese che può sembrare semplice a vedersi, ma messa al microscopio svela infiniti piani di pensiero. Prima e semplice constatazione: Rai e Netflix sono competitor, concorrenti in una tenzone che non è solo buon argomento da analisi SWOT. È un turning point nella storia dei media, l’inesauribile lotta tra due generazioni di tecnologie, due diversi approcci alla prima serata. Ma qui, il passo indietro: anziché fare contro-programmazione, il supercolosso dello streaming si alza e marcia in massa verso l’Ariston. Lo sappiamo, questa settimana guarderete altro. Ci vediamo la prossima. Ovvero Ubi Amadeus, Netflix cessat. Tutto splendido, se non fosse che si tratta del concept dello scorso anno. Ma qui viene in soccorso, come sempre, un’esecuzione magistrale. Il Netflix che viene a Canossa sulla riviera è impersonato dalle iconiche icone della piattaforma, che incedono verso il palco sulle note di Ritornerai di Bruno Lauzi. Un colpo da biliardo di pensiero laterale che imbuca, con uno singolo sforzo, diverse palle.
Agenzia: LePub
1 – Non siamo pratici di spot TV, MV Line
Il primo posto di MV Line nella top 5 di Gazzetta, all’indomani della settantaquattresima edizione del Festival di Sanremo, era quotato in percentuali esprimibili solo con il segno meno e la notazione scientifica. Più probabile che la Salernitana già quasi retrocessa vinca il campionato o che – per dirla in termini fantasanremesi – Angela dei Ricchi e Poveri chieda in diretta la mano di Stash dei The Kolors. Anche perché nessuno in redazione (e sospettiamo nemmeno fuori) aveva la benché minima di quale fosse il core business dell’impresa pugliese, 450 dipendenti in provincia di Bari, leader nella produzione di soluzioni filtranti anti-insetto. Non facciamo consulenza – dio ce ne scampi – ma se proprio dovessimo, quello che consiglieremmo in questi casi è una ricetta semplice: pubblicità, pubblicità e ancora pubblicità. Possibilmente, che rompa il paradigma. E a MV Line si sono mobilitati alla grande; così, di sottecchi e senza preavviso – al calar delle prime palpebre dalle parti dell’una di notte – arriva il turno di uno spot che ha già creato un genere: l’antipubblicità dadaista. Questi quindici secondi valgono una Merda d’Artista di Piero Manzoni o un orinale di Duchamp: pubblicità? Non sappiamo farne. Quel che sappiamo fare sono le zanzariere. E benissimo. Se già la promise vale il prezzo del biglietto, l’execution rende il tutto ancor più trascinante, con il glitch auditivo che ha fatto credere a milioni di ascoltatori di dover contattare un buon antennista. Ma a Sanremo nulla avviene per caso: meno che mai gli spot. E dietro a questa trovata dissacrante non c’è l’idea low budget di un magazziniere strappato all’industry, ma la factory di Maccio Capatonda: Micidial, realtà che ha già lavorato con sigle del calibro di WWF, Amazon Prime e Toyota. Hai capito, la PMI barese! La parabola dell’underdog è uno schema narrativo romantico e irresistibile, ma non ci siamo fatti trarre in ingenuo inganno: in questo annuncio in cui non sembra esserci nulla, c’è davvero tutto. Compresa, va da sé, una lungimiranza imprenditoriale che fa sinceramente scuola. Complimenti.
Agenzia: Micidial
Ci leggiamo presto!