Si chiamano cyber black holes, letteralmente “Buchi neri di internet” e si dice risucchino pacchetti di dati senza farli giungere mai a destinazione. Dopo Ashburn, ecco un altro dei misteri che nasconde Internet: cerchiamo di fare chiarezza su questo singolare fenomeno.
Nella terminologia scientifica, un buco nero spaziale è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso da risucchiare la materia, la luce e le radiazioni, facendole scomparire in un luogo che, forse, nessun essere umano potrà mai conoscere.
Sul fenomeno dei cyber black holes non si sa molto, proprio come i fratelli maggiori cosmici sono uno dei misteri irrisolti dello spazio (in questo caso, cyberspazio) : esistono da quando è nata la rete, risucchiano informazioni e non le risputano fuori, senza che nessuno sappia dove queste vadano a finire.
Il mistero dei dati scomparsi
Vi sarà certamente capitato di aver inviato un’e-mail mai arrivata al destinatario o di tentare di accedere a siti web che risultano irraggiungibili. Si, è possibile che abbiate un problema di connessione o che lo stesso sito sia offline, tuttavia non è da escludere che i vostri dati siano finiti in un vero e proprio buco nero: ingoiati mentre stavano viaggiando dal vostro computer al server di destinazione.
Sulla questione hanno negli anni dibattuto centinaia di esperti e hacker delle agenzie informatiche governative e delle più grandi aziende tecnologiche, senza però aver trovato alcuna spiegazione univoca alla sparizione di questi numerosi blip di dati.
Mentre secondo alcuni, questi misteriosi vortici li risucchierebbero spedendoli in un oblio sconosciuto, altri scommettono che, più che un mal funzionamento di Internet, si tratti di un rindirizzamento mirato delle informazioni, una strategia surrettizia per raccogliere dati all’insaputa dei legittimi proprietari. Forse meno evocativa come spiegazione ma ugualmente inquietante…
Questa ipotesi potrebbe essere avvalorata da un avvenimento del 2013, legato ad un fatidico buco nero che avrebbe dirottato le informazioni personali degli utenti statunitensi verso un indirizzo sospetto in Islanda. Tuttavia la questione è ancora tutt’altro che chiusa.
Black Holes-busters
Nel 2007, alcuni ricercatori dell’Università di Washington, hanno preso a cuore la questione dei buchi neri conducendo uno studio con lo scopo di identificare e studiare i tanto discussi cyber black holes.
L’esperimento consisteva nell’inviare messaggi di prova, cercando di raggiungere computer che fossero rintracciabili solo da alcuni indirizzi e non dalla totalità degli utenti di del cyberspazio.
Ovviamente i collegamenti non avvenuti per questioni di breve durata o per motivi tecnici non vennero presi in considerazione ma, al termine dell’esperimento risultò che più del 7% dei server in tutto il Pianeta presentava errori di questo tipo almeno una volta ogni tre settimane.
Gli studiosi hanno quindi dimostrato che pur essendoci una via che collega due computer, le informazioni fra di essi, alle volte, vanno perdute senza alcun motivo tangibile.
Hubble e la mappatura del cyberspazio
All’Usenix Symposium on Networked Systems Design and Implementation, un simposio tenutosi tra ricercatori ed esperti del settore, gli studiosi della Washington University hanno spiegato come, grazie a un sistema chiamato Hubble (come l’Hubble Space Telescope che scova i buchi neri dell’Universo) abbiano letteralmente sondato le profondità la rete a caccia dei fantomatici buchi neri di Internet.
E così, durante l’arco di un anno, Hubble, sfruttando il PlanetLab Network, una rete di quasi 1000 computer situati negli istituti accademici di tutto il mondo e connessi tra loro, ha potuto identificare più di ottocentomila cyber black holes.
I ricercatori hanno inoltre costruito una mappa globale che viene aggiornata ogni 15 minuti e che rintraccia globalmente i buchi, permettendo di monitorare lo stato degli indirizzi in rete.
Assodato dunque che i buchi neri di internet non sono una leggenda ma esistono davvero, come tutti i misteri, però, ci rimangono ancora molte domande, ma soprattutto, si sono creati casualmente o è soltanto un altro tentativo di impossessarsi dei nostri dati? E se è così, chi è il responsabile?
Per il momento possiamo solo continuare ad esplorare il cyberspazio sperando che qualche cervellone ne venga prima o poi a capo…
Ci leggiamo al prossimo mistero!
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