Il Metaverso non è solo eventi, concerti e opere d’arte NFT: è la fucina dell’innovazione per quelle aziende che sanno andare oltre le solite logiche di business. Vediamo come cambia la produzione in quella che è stata definita la nuova Rivoluzione Industriale.
Il Metaverso, El Dorado di opportunità. Da quando è stato annunciato nell’ottobre 2021, ogni settore non fa che confrontarsi con questo nuovo universo, che sembra promettere ori e allori a chi ne sa essere pioniere e, al contempo, abbastanza coraggioso da investire capitali. Nonostante il grande pubblico vi si avvicini con circospezione, l’entusiasmo è alle stelle in questo periodo storico: provare il Metaverso è facile e intrattenersi al suo interno lo è ancora di più. Le cose cambiano, però, quando si parla di brand – e delle realtà alle loro spalle.
Sono diverse le aziende che si sono tuffate a capofitto in questo nuovo canale di comunicazione, di fatto assicurandosi di presidiare un touchpoint ai loro occhi sconosciuto ma dalle potenzialità enormi. Non solo per il mondo B2C, storicamente più attento alle esigenze e ai desideri latenti di consumatori ed end-user, ma anche per il comparto business to business, spesso più restio alla sperimentazione e al nuovo. Ma non è questo il caso: il mercato B2B sta attraversando una vera e propria Rivoluzione Industriale, che non potrà fermarsi a un “solo” Metaverso. Si tratta di un netto cambio di paradigma, che si manifesta anche con investimenti crescenti – secondo le previsioni di Greyscale, toccheranno la vetta di 800 milioni di dollari entro il 2024.
Al di là di Virtual Reality ed eventi interattivi, dunque, il Metaverso può rivelarsi la fucina di Efesto che più di un’azienda attendeva per migliorare, ottimizzare o persino trasformare le sue modalità di produzione, con benefici diretti su processi, tempistiche e beni finali: basti pensare al settore dell’automotive, che ha trovato il modo di portare il Metaverso su quattro ruote. Vediamo allora come cambia la produzione in un Metaverso dal sapore industriale.
Metaverso industriale: tasselli di un puzzle chiamato NFT
Tra i pilastri che sorreggono i mondi virtuali nati sotto il segno del Metaverso, uno in particolare resta sotto i riflettori per la risonanza mediatica sui diversi canali di comunicazione: si tratta dei Non-Fungible Token (NFT) che compongono, come tessere di un puzzle, un certo spazio virtuale. Si tratta di un vero e proprio mercato, in crescita dal 2020 – secondo un’indagine di NFT Yearly Report – e che ha già raggiunto un valore totale superiore ai 250 milioni di dollari. Più nello specifico, gli NFT sono documenti digitali che associano un prodotto a un proprietario in modo univoco, grazie all’uso della tecnologia blockchain: in questo modo, le informazioni non sono suscettibili di manomissione o interferenze dall’esterno, garantendo così la loro piena affidabilità.
Ma perché se ne parla così tanto? Il punto di forza degli NFT sta proprio in quella “catena di blocchi” che ne è alla base: ogni modifica viene registrata in modo visibile a tutti gli attori coinvolti nella blockchain e non può essere eliminata. Sebbene chiunque possa accedere ai dati cifrati, solo il proprietario di quel particolare NFT avrà il potere di rimuoverlo o di trasferire la proprietà a un altro individuo. Inoltre, viene definito non fungibile: in altre parole, non esisteranno mai due NFT uguali tra loro. Non da ultimo, un NFT può assumere la forma di un qualsiasi file, fino a diventare un’opera d’arte digitale che non può essere replicata. E questo a Times Square lo sanno bene.
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Nonostante le prime fasi di sperimentazione, gli NFT sono teoricamente 100% integrabili all’interno del settore della logistica, con alcune soluzioni specificamente disegnate per la supply chain: il loro contributo è legato alla tracciabilità e all’identificazione di un determinato prodotto. Con l’introduzione degli NFT nei meccanismi di produzione aziendale, diventa possibile conoscere alcuni metadati chiave relativi a un certo bene – come il suo attuale responsabile, l’ubicazione, il peso, le dimensioni ed eventuali certificazioni. Queste informazioni vengono poi aggiornate automaticamente all’interno del NFT, grazie alla rete blockchain al quale è collegato. Nel frattempo, il prodotto prosegue lungo il suo percorso nella supply chain: quando giunge a destinazione, è possibile consultare uno storico dettagliato e affidabile relativo a tutti gli step di produzione – dalla sua origine fino al momento di consegna.
Sicurezza, monitoraggio in tempo reale e responsabilità. Sono tre i vantaggi tangibili che l’adozione degli NFT apporterebbe all’ecosistema della logistica. Innanzitutto, viene garantito un passaggio di dati sicuro e controllato all’interno della supply chain, in virtù di una clausola specifica legata alla tecnologia blockchain: si tratta dello smart contract, che non permette la distruzione, l’eliminazione o la replicazione di un’informazione senza autorizzazione. In secondo luogo, non è da sottovalutare il percorso che la merce compie all’interno della filiera: medicinali, alimenti, prodotti farmaceutici e chimici sono solo alcuni beni per cui è fondamentale sapere quali processi logistici e di produzione hanno attraversato, dove sono stati e per quanto tempo. Infine, un NFT è sempre associato a un utente: per inviarlo, entrambe le parti devono siglare un accordo di responsabilità, con cui diventa possibile, tra l’altro, conoscere chi si occupa di una certa fase di produzione.
La fascinazione del Metaverso industriale, però, non si ferma qui: un’azienda campana si è spinta oltre con un’applicazione concreta dell’extended reality per dar forma a un processo inedito nell’era della trasformazione digitale.
Metaverso industriale: quando il design diventa cooperativo
Punto di riferimento nell’ecosistema dello smart manufacturing, della digitalizzazione dei processi e persino nelle modalità di fruizione dei beni culturali, Mare Group è una tech company che disegna e realizza l’innovazione tecnologica per l’industria, le piccole e medie imprese e la Pubblica Amministrazione. Per questa società, rispondere alle esigenze del comparto industriale nel 2022 inizia con un Metaverso nuovo di zecca.
Grazie ai suoi progetti di Ricerca e Sviluppo all’avanguardia, Mare Group ha dato origine al primo ecosistema virtuale per l’addestramento industriale: l’obiettivo è abilitare la collaborazione pratica tra utenti distanti anche 4.500 chilometri che possono condividere anche la stessa postazione di lavoro. Due operatori, difatti, diventano in grado di assemblare un motore elettrico insieme e a mani libere, senza l’uso né di guanti in fibra ottica o controller né dei codici di programmazione. Diventa possibile, reale, passarsi i componenti, utilizzare i macchinari, scambiarsi indicazioni e suggerimenti come farebbero due qualsiasi colleghi vicini tra loro, sulla stessa linea di produzione.

L’inizio di questa avventura risale al 2020, con l’Expo di Dubai e il Padiglione Italia dedicato alla bellezza che unisce le persone: grazie alla partnership con Lean Experience Factory (LEF), è stato possibile raggiungere Pordenone in un attimo con una dimostrazione visibile. Mediante una virtualizzazione in tempo reale degli oggetti fisici, ogni distanza fisica è stata annullata e il movimento di un carrello in Friuli è stato replicato in modo istantaneo nel Metaverso, così da essere recepito a sua volta dall’utente coinvolto negli Emirati Arabi. Per ora, questo spazio virtuale è destinato a una fase di training iniziale degli operai, così da minimizzare l’impatto di eventuali errori umani anche grazie a tecniche di engagement legate alla percezione emotiva.
Si tratta, dunque, di un ambiente ottimizzato e appositamente pensato per l’addestramento industriale: ogni operatore è in grado di lavorare come farebbe spontaneamente in azienda, ma senza alcun effetto negativo in caso di errore. Per questo, oltre a facilitare l’apprendimento manuale, il Metaverso diventa il luogo ideale per aggirare rischi difficilmente eludibili – se non con l’entrata in campo di un universo virtuale.
Metaverso industriale: i passi del futuro
È indubbio, ora. Il Metaverso apre la strada ad approcci inediti alla produzione industriale: nonostante il digitale dimostri come tutta la sua potenza possa essere declinata in applicazioni concrete, sono ancora molti i passi da fare per avvicinarci a un ecosistema ideale per l’intera filiera produttiva. Tutto inizia con la fase di raccolta ed elaborazione dei dati, spesso considerata superflua o lasciata a un livello primordiale con informazioni non strutturate e inintelligibili. Solo lavorando sui dati è possibile implementare protocolli migliori di interoperabilità, per collegarli in modo ottimale all’intera catena di approvvigionamento.
Per questo, le innovazioni recenti sottolineano il ruolo fondamentale di una soluzione basata sul cloud: oltre a un accesso ai dati più sicuro e protetto, semplifica e accelera la collaborazione immediata tra dipendenti non fisicamente vicini, con l’obiettivo di una user experience coinvolgente e di alta qualità. Piccoli aneliti di un cambiamento in vista, insomma, teso a modificare il volto della produzione così come lo conosciamo – un’evoluzione a cui potrebbero contribuire anche influencer non umani. In tutto questo, c’è qualcosa non cambia: saremo sempre qui a raccontarvi cosa accade ma, nel frattempo…
Ci leggiamo presto!
Image credits cover: iiot world