L’importanza e il valore del suono nel Metaverso

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28 Febbraio 2023
Silenzia il telefono

Spostarsi nel Metaverso per promuovere il proprio marchio potrebbe non bastare, se non si gestisce anche il suono. Come si muoveranno i brand, di fronte al difficile compito di riprodurre il sound in una realtà interamente virtuale? Abbiamo cercato di saperne di più.

Ba da ba ba bah… I’m lovin’it!. Probabilmente qualcuno l’avrà letto canticchiando e se lo ha fatto è perché il jiingle di MacDonald’s è entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo, nel linguaggio comune, nella nostra quotidianità.

Quando succede è perché un brand ha saputo raccontarsi in modo efficace, entrando nella nostra vita prima ancora che nelle nostre abitudini di acquisto.

I brand che raggiungono questo obiettivo hanno trovato la strada per conquistare i clienti o i potenziali tali, permettendo loro un’esperienza che li coinvolge a pieno e li conquista sotto tutti gli aspetti: non solo il prodotto, ma tutto ciò che il prodotto può trasmettere, jingle compreso. Una vera e propria esperienza immersiva, che coinvolge l’utente sotto tutti i punti di vista, di cui vi avevamo già parlato qui.

Di recente assistiamo spesso a iniziative da parte delle aziende che travalicano i confini del marketing tradizionale, per spostarsi verso altri mondi. Primo tra tutti la realtà virtuale, che richiede ovviamente un approccio completamente diverso da quello a cui siamo abituati, anche e soprattutto per quanto riguarda la pubblicità.

Cosa succede nel Metaverso?

Cosa succede quando è il Metaverso e non la realtà di ogni giorno lo scenario in cui un brand o un prodotto provano a far parlare di sé? Per quanto virtuale, il Metaverso è un luogo in cui un marchio vuole essere molto più presente, non solo garantendo all’utente e al cliente un’esperienza unica e coinvolgente, ma raccontandosi attraverso tutti una serie di elementi immateriali e fisici: dai valori di marca al packaging, dall’esperienza utente al rapporto con il marchio. Tra questi dobbiamo includere uno degli elementi da sempre parte integrante di uno spot pubblicitario: il suono. E proprio sul suono c’è da fare una riflessione, soprattutto quando deve essere incluso in una realtà virtuale.

Nel Metaverso sono già presenti molti marchi e alcune start up: investimenti di centinaia di euro per un modo alternativo di raccontare un brand.

Si va dal quartiere virtuale di Gucci alla Lavazza Arena di Lavazza, dal virtual store di Benetton, fino a MacDonald’s, con il suo fast food virtuale.

Quello che è interessante esplorare è gli sviluppi legati alla comunicazione pubblicitaria. Se da una parte le aziende hanno proposto mondi virtuali per proporsi, è rimasto sullo sfondo il tema legato agli spot e in particolare al suono, che è altresì fortemente rappresentativo di un marchio, attraverso per esempio i jiingle. Sul suono però alcune aziende stanno riscontrando delle criticità, specialmente da un punto di vista tecnico.

Image credits: GammaNews

Stando a quanto dichiarato da tecnici e designer del suono, ci sono tecnologie avanzate ma ancora non abbastanza da trasferire il suono nel mondo virtuale. O meglio, per trasferirlo nel mondo virtuale così com’è. E dato che un’azienda è anche il suo sound branding, diventa poco significativo essere presenti in un mondo virtuale, senza il suono che le caratterizza.

Suono e Metaverso: vari gradi di complessità

Il suono nel metaverso deve tener conto delle differenze di approccio tra realtà aumentata (AR), realtà virtuale (VR) e realtà mista/extender (MR/XR). La prima è la realtà aumentata, ed è possibile attraverso strumenti tra loro diversi. Attraverso il proprio smartphone è possibile con un display HDM vedere elementi virtuali. Con la VR (realtà virtuale) l’esperienza è più immersiva, perché si può accedere con più dispositivi e garantirsi un’esperienza più completa, fatta di immagini e suoni insieme.

Diverso è l’approccio con la realtà mista, che invece unisce tecnologie a metà strada tra il virtuale e il reale: i contenuti digitali vengono integrati nel mondo fisico e permettono all’utente di interagire sia con oggetti reali che digitali. È qui che entra in gioco l’utilizzo della musica e la sua riproposizione. Bisogna tener conto di tutte le tecnologie necessarie, per questo diventa spesso più complesso gestire il suono e garantire all’utente l’esperienza sonora.

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Come agiranno i brand?

È chiaro che se un brand vuole raccontarsi nel suo insieme così come dovrebbe, non può escludere dall’esperienza dell’utente le possibilità uditive.

Per questo motivo, gli investitori si sono trovati pronti a sbarcare nella realtà virtuale, vista la complessità, trasferendo l’identità sonora del brand di riferimento così per come siamo abituati a conoscerlo: suono che è tradizionalmente espressione del brand stesso. Alcuni brand però hanno già trovato soluzioni altamente tecnologiche finalizzate a un’esperienza più completa: JP Morgan, Accenture e altri hanno sottolineato l’intenzione di impiegare NFT (token non fungibili ovvero oggetti totalmente digitali, non intercambiabili a cui si può accedere attraverso chiavi crittografate) per permettere ai clienti di visualizzare i prodotti, Miller Lite, nota marca di birra, ha sperimentato lo spot “Big Game” in cui si racconta una delle birre più vendute durante il Super Bowl.

Image credits: ibbonline.com

Le aspettative sono in tal senso molto alte, perché l’auspicio è che altre realtà sapranno proporsi in maniera completa con campagne di marketing comprensive di musica, tra i veri protagonisti del racconto di marca. 

Forse quello che molti si aspettano è, nel vivere ognuno la propria esperienza, che se ci si trovasse nei pressi di un fast food, se pure virtuale, si possa sentire in lontananza quel così iconico Ba da ba ba bah… I’m lovin’it.

Ci leggiamo presto!

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