Elon Musk ha comprato Twitter. E non possiamo farci proprio niente

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16 Novembre 2022
Tocca mettersi comodi

L’eclettico miliardario sudafricano ha sborsato oltre 40 miliardi di dollari per acquisire la proprietà di Twitter, ma quale sarà il destino della piattaforma?

Quarantaquattro miliardi di dollari ($44mld) dello Zio Sam per rilevare Twitter, il social del chiacchiericcio. Parliamo di 396’000 chili di banconote da 100$ che, se stese accuratamente una di fianco all’altra, occuperebbero un’area di 45’302’400 chilometri quadrati: di gran lunga superiore alla superficie della Danimarca, per farvi un esempio. Pensate che mal di schiena a portarsi dietro tutta quella roba al momento della firma.

Eppure, lo sbalorditivo e sconfinato potere dei bit fa sì che quella cifra astronomica riesca a trovare agilmente spazio nel taschino della giacca di Elon Musk e che ne possa disporre, a proprio piacimento, con pochi tap e un rapido passaggio al FaceID. Un potere spaventoso, sì, ancora di più se nelle mani di un vero e proprio tech giant personificato che potrebbe decidere vita, morte e miracoli di ciascuno di noi in un battito di ciglia. Certo, le manifestate buone intenzioni del magnate farebbero sperare per il meglio, dato il suo sincero interesse nel progresso dell’umanità e della pacifica convivenza dei popoli, ma comunque spaventoso.

Questo spiraglio della vicenda, di per sé, aprirebbe un interminabile dibattito sul sempre più estremo divario sociale e di come, sotto certi aspetti, questa eterogenea distribuzione della ricchezza mondiale, sempre più concentrata nelle mani di pochissimi eletti, non gioverebbe affatto al benessere della Terra. Ma qui si sta parlando, anzi, chiacchierando di Twitter. E Twitter sia.

Twitter mangia Elon, Elon mangia Twitter

In un certo senso possiamo serenamente affermare che Twitter, almeno nell’universo anglofono, sia il luogo dove tutto avviene, una vera e propria agorà digitale dove dibattiti, polemiche e cronaca si fondono insieme, restituendo all’utente una visione completa, diretta e istantanea di cosa stia accadendo nel mondo e attorno a lui. La forza della piattaforma, però, oltre alla sua rapidità di utilizzo, risiede nella duplice possibilità per l’utente di assumere, a seconda della propria volontà, un atteggiamento totalmente passivo o totalmente attivo nei riguardi del dibattito. Il potere di scelta, come in ogni vera democrazia, rappresenta il reale valore aggiunto.

Un aspetto però manca all’appello, l’ostracismo: un solo passo falso, un solo commento troppo aspro e ciò che aspetta l’utente è la pubblica gogna, con conseguente allontanamento dalla piattaforma per un lasso di tempo variabile da poche ore a molti mesi a seconda della gravità dell’evento. Come nell’antichità, il volere del popolo si esercita in pubblica piazza, e pensare di poter anche solo scalfire certi meccanismi millenari risulterebbe oltremodo narcisistico, oltre che improbabile.

Proprio questa limitazione del free speech (argomento fin troppo vasto per trovare spazio in questo pezzo, ndr.) avrebbe acceso in Mr. Musk la scintilla che ha portato, mesi dopo, all’acquisizione di Twitter per una cifra record, paventando poi la possibilità di restituire all’ex presidente Trump il suo account Twitter ormai bannato da tempo, nonostante la migrazione su Truth. Una cosa occorre tenere a mente: l’universo Musk non si regge su un fitto e complesso sistema di regole, obblighi morali e speculazioni miliardarie. Assolutamente no, tutto ciò che Elon Musk fa, lo fa per il meme

meme

/mè·me/

sostantivo maschile

  1. Elemento di una cultura o di un sistema di comportamento trasmesso da un individuo a un altro per imitazione.

Capiamo che, almeno per qualcuno, possa risultare quantomeno complicato comprendere alcuni termini qui riportati, proviamo quindi a darvi una nostra, personalissima e gen(z)etica spiegazione: fare qualcosa per il meme significa, essenzialmente, farlo per puro divertimento, non curandosi troppo delle conseguenze connesse a quella determinata azione, naturalmente entro i limiti imposti più dalla legge che dalla morale. Ad esempio, comprare Twitter mi divertirebbe assai e divertirebbe altrettanto i miei fan? Strisciamo la carta, chissene. E così fu.

Dal 2017 al 2022: una spirale di caos e incertezze

21 dicembre 2017

Elon Musk twitta dal suo iPhone: “Amo Twitter”. Raccoglie oltre 170 mila like e oltre 30 mila retweet, finché un utente, per il meme, gli risponde di “comprarselo”. La risposta, laconica: “Quanto costa?”.

25 marzo 2022

Flash forward di quasi cinque anni, Elon Musk twitta riguardo alla libertà di parola e di come sia rispettata sulla piattaforma. Nel mentre, diventa il maggiore azionista di Twitter, pur decidendo di non entrare a fare parte del board dirigenziale.

14 aprile 2022

Elon Musk lancia la prima offerta per acquisire la piattaforma: 44 miliardi di dollari, una cifra che sarà destinata a entrare nella storia, annunciando contempoarenamente una vera e propria guerra ai bot, degli account “vuoti” creati appositamente per propaganda (solitamente politica, ndr.), e ai fake.

13 maggio 2022

La trattativa si interrompe. Elon Musk chiede un ricalcolo degli account fake attivi sulla piattaforma per poter riformulare un’offerta congrua.

12 luglio 2022

Il board di Twitter si appella alla Corte del Delaware per chiedere più chiarezza durante la trattativa, additando Elon Musk come principale responsabile del crollo delle entrate pubblicitarie per la piattaforma.

26 ottobre 2022

Elon Musk fa il suo primo ingresso nelle sedi di Twitter, trasportando un lavandino come simbolo dell’acquisizione. Evidente il gioco di parole con la caption “Let that sink in”, frase utilizzata per descrivere una situazione dura da accettare, e sink, che in inglese significa lavandino. Parlando di meme, eccolo qui.

28 ottobre 2022

Elon Musk annuncia di aver completato l’acquisizione di Twitter. Certamente a modo suo: “l’uccello è stato liberato”.

Una timeline lunga e incerta, fatta di meme, azioni legali, tweet controversi e non poche contraddizioni: questo è Elon Musk. E non possiamo farci proprio niente.

Un novembre caldissimo a San Francisco

Ignorando la metafora meteorologica, un novembre così caldo in California non si vedeva da decenni. Nelle sedi di Twitter regna il caos da oltre due settimane.

Elon Musk prima licenzia oltre 3000 dei suoi dipendenti in un atto di spending review dalla violenza inaudita, salvo poi richiamarne alcuni per salvaguardare la funzionalità della piattaforma, poi decide di tagliare le spese relativa alla mensa aziendale, rendendola a pagamento, e sancisce un generale ritorno al lavoro in presenza per massimizzare l’efficienza lavorativa dei propri dipendenti. Gesti estremi, sì, che suggeriscono un punto di vista più che drammatico della vicenda: Elon Musk non ha la minima idea di cosa stia facendo a capo di Twitter. Ma le vite umane non sono un gioco.

In un tweet datato 27 ottobre 2022, tenete bene a mente questo giorno perché si rivelerà un punto chiave nella vicenda, Elon Musk parla apertamente agli advertiser, dichiarando di voler “rendere Twitter il luogo perfetto per fare advertising”, additando i media tradizionali di ricercare solo click a discapito del dialogo con l’utente. Nessuna dietrologia, nessuna volontà di salvare l’umanità. Solo dialogo (e meme, ndr.).

Dalle parole, però, si passa ai fatti: il 5 novembre, appena una settimana dopo il tweet del neo-proprietario, fa la sua comparsa Twitter Blue, un sistema ad abbonamento che permette agli utenti di ottenere la spunta blu, la cosiddetta “verifica”, a soli $7.99 al mese. “Ottima idea!” – direte voi. Pessima idea, dicono i fatti. A questo argomento abbiamo dedicato un carosello Instagram.

Da qui una spirale di incresciosi eventi, tra utenti fake che si spacciano per brand ufficiali twittando la qualunque, e danni quasi irreparabili all’immagine dei grandi inserzionisti presenti sulla piattaforma. Un vero e proprio disastro dal punto di vista della brand safety, l’aspetto senza dubbio più importante per la ricerca di un partner commerciale che possa sostenere campagne di advertising dai budget milionari. Un risvolto a cui nessuno, probabilmente, aveva pensato. O forse, per il meme, lasciato correre di proposito.

Il risultato? Una vera e propria fuga di advertiser da Twitter verso lidi più riparati, in attesa che la tempesta si plachi e gli uccellini possano tornare a cantare liberamente.

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Quale sarà il destino della piattaforma?

Prevederlo con certezza è una vera e propria sfida. Quello che è certo è che Elon Musk ha grandi progetti per Twitter, come quello, ad esempio, di inglobarlo in un’app tuttofare sulla falsariga di WeChat, controparte cinese che spazia dalla messaggistica alla bacheca annunci, capace addirittura di trasformarsi in uno strumento di pagamento all’occorrenza. Certo, non senza un determinato livello di controllo da parte del governo cinese. “Non si sa mai”.

Di questo famigerato progetto “X”, che non è la festa più epica di sempre, Elon ha accennato in un suo tweet pubblicato nei giorni immediatamente successivi all’ultima offerta, nell’ottobredi quest’anno, senza però fornire ulteriori dettagli.

Altrettanto certo è che in un futuro veramente prossimo Twitter accetterà pagamenti in crypto, includendo forse il Dogecoin, una meme-valuta nata proprio da una battuta (su Twitter, ndr.) di Elon Musk ormai qualche anno addietro.

Stando, però, allo stato attuale delle cose, esiste un’altissima probabilità che Twitter diventi un vero e proprio far west del free speech, senza regole né regolamenti, un deserto arido popolato solo dagli esemplari più coraggiosi e coriacei. La degenerazione naturale di una democrazia diretta è, scomodando l’anaciclosi platonica, l’oclocrazia, il “governo delle masse”: in questo caso, la nostra amata agorà blu si trasformerebbe in una disordinata ammucchiata di opinioni senza alcun controllo. Un’opzione che naturalmente sancirebbe in breve tempo l’esclusione del social network dal tempio dorato del web.

Elon Musk ha riempito le nostre vite di meme e leggerezza, questo è innegabile, ma non bisogna dimenticare che, al contrario del mito di Re Mida, non tutto ciò che tocca si trasforma in oro. La sua imprevedibilità gli ha causato l’esclusione dai piani alti della sua creatura Tesla, per salvaguardare il benessere finanziario della società, e di certo rischierà di minare il futuro anche di Twitter. Succederà? Quando, come e perché? Staremo a vedere, vigilando attentamente sui risvolti democratici e anti democratici del caso.

Ci leggiamo presto!

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