Alla scoperta del Creative Commerce, il “più grande parco giochi creativo al mondo”. Intervista a Beth Ann Kaminkow

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15 Luglio 2022
Tocca mettersi comodi

Commercio creativo, ovvero concepire la customer journey come una “tabula rasa” in cui la creatività è lo strumento perfetto per veicolare valore aggiunto. Oggi abbiamo discusso con una dei massimi esperti mondiali nel campo: Beth Ann Kaminkow. Ecco l’intervista esclusiva.

Nell’industry pubblicitaria esistono professionisti che sono veri e propri decision maker: Beth Ann Kaminkow è sicuramente uno di quelli. Global CEO di VMLY&R Commerce e CEO di VMLY&R New York, Kaminkow ha presidiato la giuria per la neonata categoria Commerce agli ultimi Cannes Lions, alla luce di un expertise decennale che la rende una dei massimi esperti mondiali in fatto di commercio creativo.


Vi avevamo già raccontato come quest’edizione dei Lions abbia esteso gli orizzonti della vecchia categoria eCommerce a ogni canale: dal physical al digitale puro, passando per i social media e il campo sperimentale della gamification. A differenza dell’advertising tradizionale, il commercio creativo lascia grande spazio alla creatività, determinando però fin da subito risultati tangibili in termini di conversione. Sempre più player si affacciano su soluzioni di creative commerce si pensi a IKEA che ha recentemente reso disponibile un’applicazione che permette al pubblico di pagare beni e servizi col tempo impiegato per raggiungere i superstore. Per ripercorrere le novità di quest’ultima edizione dei Lions e capire di più di questa innovativa branca dell’industria creativa, abbiamo contattato Beth Ann Kaminkow che ha risposto ad alcune domande della Redazione.

Recentemente ha definito il creative commerce “The greatest creative playground in the world”, sottolineando come attragga un numero sempre crescente di professionisti un tempo dediti all’advertising più tradizionale. Crede che nell’industry ci siano ritrosie o pregiudizi da parte dei creativi più “puri”?

Ogni pregiudizio sta rapidamente svanendo. I creativi intelligenti si stanno rendendo conto del fatto che la loro successiva “grande idea” potrebbe non avere niente a che vedere con un annuncio – potrebbe essere una soluzione di creative commerce. Oggi, il commercio creativo può essere oggetto di gamification, amplificato sulle reti sociali, trasmesso live in digitale o esperito con i cinque sensi in ogni formato e canale. E ciò spalanca immense possibilità creative!

Il Festival della Creatività di Cannes del 2022 ha solo convalidato la crescita esplosiva del comparto e le grandi opportunità per la creatività. Le entries nella categoria “Creative Commerce” aumentano, anno dopo anno, dell’11% e i lavori premiati dimostrano che la creatività ora gioca un ruolo fondamentale in ogni passaggio della customer journey.

Col cambiare del mondo, I brand sono alla ricerca di un approccio trasformativo alla creatività che crei crescita e profitti. Credo che la nostra industry stia rispondendo alla chiamata. Il creative commerce è oggi una realtà consolidata e i committenti hanno una visione molto definita del suo ruolo e della sua importanza, quindi perché il talento creativo non dovrebbe cogliere quest’opportunità? E soprattutto, dobbiamo ampliare i nostri orizzonti oltre alla logica delle grandi produzioni puramente pubblicitarie. Per questo sostengo il fatto che il commerce sia il più grande parco giochi creativo al mondo. Tutto ciò che bisogna fare, è saltare a bordo e iniziare a giocare: la crescita ne deriverà naturalmente.

Venendo a quest’edizione dei Lions, lei ha avuto l’onore di presiedere la giuria per la prima premiazione della categoria “Commerce”. Il fatto che il Festival della Creatività abbia aperto al commercio creativo tradisce una presa di coscienza da parte degli addetti ai lavori. A cosa dobbiamo questo risveglio?

I Leoni di Cannes hanno sempre fatto dell’ascolto dell’industry una priorità. Dall’avvento dei “Cyber Lions” nel 1998 o dei “Media Lions” nel 1999, l’espansione delle categorie del festival anno dopo anno illustra al meglio l’evoluzione dell’advertising e dello scenario mediatico. Phil Thomas, Simon Cook e l’intera equipe dei Cannes Lions sono genuinamente impegnati nell’assicurare che il premio rifletta i processi e la crescita del settore. Come agenzia, abbiamo aiutato a determinare l’importante processo di trasformazione dai “Creative eCommerce Lions” ai “Creative Commerce Lions”, riconoscendo la potenza della pluralità di canali a disposizione; fisici, digitali, mobile e – ovviamente – ibridi. E non si tratta né di un aggiustamento dell’ultimo minuto né di un risultato finale. La nostra giuria quest’anno ha orgogliosamente ridefinito come la creatività sia centrale anche nelle conversione, ma è solo l’inizio.

Mentre la linea tra marketing e operazioni di vendita sbiadisce sempre più, dovremmo aspettarci che fioriscano ambiti sottosettoriali, canali e innovazioni in questa categoria, i quali forse saranno riconosciuti in ogni ambito del Festival e trasversalmente a ogni premio. Il potenziale creativo nel settore è enorme e io sono onorata di aver guidato la giuria che ha costruito qualcosa per chi verrà dopo di noi.

Sulla base di quali KPI’s avete giudicato i lavori? Da quanto ci risulta lei come Presidente di Giuria ha stabilito i 10 comandamenti per selezionare i migliori progetti in ambito creative commerce.

Il pensiero comune nella sala della nostra giuria mirava a elevare lavori che hanno risolto in maniera creativa il problema del consumatore, creando valore e profitti per il brand.
Per raggiungere questo obiettivo abbiamo concordato sul fatto che le idee in gara dovessero avere intrinsecamente a che fare con il momento dell’acquisto piuttosto che con un generico concept creativo, in cui la conversione è semplicemente un sottoprodotto. (Ciò significa che l’acquisto è stato semplicemente il risultato di un buon lavoro, cioè il buon lavoro ha portato qualcuno ad acquistare il prodotto, ma il lavoro non è stato concepito per portare all’acquisto e garantire la conversione).

Abbiamo stilato una lista di 10 principi o KPI’s, a partire dalla quale abbiamo giudicato le entries selezionate:

  1. È la prima idea del genere
  2. È un’idea in cui il commerce ha un ruolo centrale
  3. Impiega la responsabilità tramite la creatività applicata
  4. Influenza il modo in cui il comportamento del pubblico cambia
  5. Risolve un’esigenza insoddisfatta dal mercato
  6. È scalabile e replicabile
  7. Tiene conto della sostenibilità
  8. Non è una messinscena
  9. Apporta qualcosa di innovativo alla categoria
  10. Crea conversione

Nella sua esperienza di manager di successo e imprenditrice, con una grande passione per la creatività ha sicuramente seguito da vicino diversi brand in un momento cruciale come la rivoluzione digitale. Esistono settori e mercati più avvantaggiati di altri o una customer journey creativa genera valore per ogni tipo di player?

Durante la valutazione dei “Creative Commerce Lions”, abbiamo assistito a candidature forti in tutti i settori, da quelli attesi – come i beni di largo consumo e la vendita al dettaglio –  fino alla salute, al pharma e ai servizi finanziari. Se vendete essenzialmente un prodotto o un servizio, il creative commerce fa anche per voi!

Per quanto riguarda i settori e i mercati più avvantaggiati, o forse solo più precoci, i grandi marchi della categoria del lusso sono stati tra i pionieri di questa nuova tipologia di esperienze di commercio. Questi player hanno cercato fin da subito di offrire ai clienti un’interazione emotiva nel percorso di acquisto e le soluzioni hanno spaziato dall’AR, utilizzato per migliorare l’esperienza fisica in negozio, agli avatar digitali e ai beni virtuali abilitati dagli NFT. In questo momento, i marchi del lusso stanno svolgendo un lavoro di primo piano nel metaverso. 

Oggi, però, credo davvero che il creative commerce abbia un potenziale per qualunque tipo di brand appartenente a qualunque categoria merceologica. La gamma incredibilmente varia di lavori che abbiamo esaminato era contraddistinta da un aspetto: il modo in cui ogni case study ha sfruttato l’utilità dei nuovi canali di commercio per collegare la creatività al momento della conversione.

Se c’è un settore che vale sicuramente la pena di tenere d’occhio è quello del retail. In qualità di “appassionata di retail”, ho trovato affascinante vedere come i rivenditori stiano portando una componente esperienziale negli acquisti offline e online. Dallo shopping gamificato, alle partnership e alle collaborazioni con i creator, agli eventi shoppabili su TikTok e Twitter, alle dimostrazioni virtuali e ai collaboratori digitali dei negozi, fino al commercio servitizzato attraverso abbonamenti e pacchetti. Il crescente spazio dei media per la vendita al dettaglio, in particolare per la categoria dei beni di largo consumo, offre ai brand ampio potenziale per rimarcare la centralità del cliente nella customer journey. E oggi qualsiasi canale, mercato e azienda può agire come un retailer. Il Direct-To-Consumer (D2C) non farà che aprire ulteriormente il varco a future opportunità.

Al Festival di Cannes si percepiva che la nostra industry sta abbandonando la separazione classica ATL/BTL e l’idea che ci debba essere un’agenzia creativa e un’agenzia per l’activation? Esistono ancora divisioni nell’ambito della creatività?

Assolutamente. Le “linee” presenti nelle espressioni “Above The Line” e “Below The Line” si sono disintegrate, proprio come i confini tra attività digitale e fisica. Questo è stato il mio appello all’industry dal palco dei Cannes Lions durante la serata di premiazione.

Questo fenomeno continuerà ad accelerare man mano che la tecnologia aprirà ai consumatori e ai brand nuovi modi di connettersi e di impegnarsi.

Detto questo, continuo a credere che il creative commerce sia un’attività molto sottovalutata: questo perché il suo retaggio operativo è ancora molto legato a una mentalità da “shopper” e a volte è una sfida portare i marchi a pensare oltre una mera transazione finanziaria. Ma questa edizione del Festival e l’insieme delle attivazioni di creative commerce in tutte le categorie ha dimostrato il potenziale del costruire un brand anche attraverso le vendite. Spetta anche a ciascuno di noi lasciarsi alle spalle metodologie di lavoro tradizionaliste (e obsolete). Le divisioni tra ATL e BTL, tra agenzia creativa e agenzia di attivazione non sono più al servizio di un cliente che cerca di unire brand, marketing e vendite… e l’ottimizzare la spesa per costruire il marchio e guidare la crescita.

Per concludere, quale consiglio darebbe a un brand che si affaccia per la prima volta a soluzioni di creative commerce? Quali sono le barriere e quali i primi vantaggi che citerebbe per convincere un CMO conservatore?

Mettete il commercio creativo in cima alla vostra agenda e al centro della brand e della customer experience. A tal fine, ponete il consumatore al centro di tutto il vostro piano di marketing e rimuovete le barriere interne o le divisioni che impediscono che ciò avvenga. Siate aperti a vedere le sfide aziendali attraverso la lente del creative commerce, perché si aprirà un mondo di possibilità che renderà gli acquisti più coinvolgenti, personalizzati e, soprattutto, divertenti. Incontrate il consumatore dove si trova, interagisce, fa acquisti e compra oggi. Il vantaggio è che il creative commerce converte: vedrete i risultati commerciali molto in fretta!

Siate coraggiosi!

Ci leggiamo presto!

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