Social decentralizzati: dietro le quinte del caso Bluesky

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13 Aprile 2022
Silenzia il telefono

Se chiedessimo a un utente medio di accedere a un social decentralizzato, il suo volto tradirebbe il suo stupore. Questo tipo di social, tornato allo scoperto con il progetto Bluesky di Twitter, ha generato molto buzz online data la sua vicinanza all’universo delle criptovalute e della tecnologia blockchain. Vediamo di cosa si tratta.

Bluesky è il social del futuro? Dalle parole di Jack Dorsey, fondatore di Twitter, sembrerebbe di sì. Un progetto che non è stato mai abbandonato, anzi, è tornato sotto le luci della ribalta proprio qualche giorno fa. Lo scorso 31 marzo Bluesky ha accolto tra le sue fila i suoi primi tre impiegati, dopo quattro anni dall’annuncio dell’iniziativa da parte di Dorsey. Ma perché Bluesky è legata a Twitter e – stranamente – non a colossi come Google e Meta? E perché può rivoluzionare il panorama social, apparentemente saturo di piattaforme e formati? Facciamo il punto della situazione.

Bluesky: tutto inizia con un’idea

Prima di essere il fondatore di Twitter, Jack Dorsey è un imprenditore. Al suo attivo, tra le altre voci, troviamo 80.000 acri di terra in Wasco County, Oregon, dove sta costruendo una grande comunità hippie. Dopo essersi dimesso dal suo ruolo di CEO a novembre, Dorsey non si è ritirato a vita privata. Un tweet del 2 aprile parla chiaro:

 “I giorni di Usernet, IRC (Internet Relay Chat), il web e persino la posta elettronica… sono stati fantastici. L’attenzione alla scoperta e all’identità nelle grandi aziende ha davvero danneggiato Internet”, cinguetta Dorsey “E mi rendo conto di essere in parte colpevole”. L’imprenditore ricorda nostalgicamente i tempi in cui i primi sistemi di comunicazione del web si basavano su protocolli di rete aperti, decentralizzati e interconnessi, che non richiedevano l’autenticazione degli utenti.

Questa è l’idea che ha acceso i motori del progetto Bluesky nel 2019. Si tratta di dar vita a un codice open source per i social media, capace di restituire privacy, sicurezza e libertà nell’uso delle piattaforme. Con questo protocollo di rete, la logica alla base dei social network diventerebbe la stessa della tecnologia blockchain per le criptovalute: i dati si spostano su server indipendenti e interconnessi, le cui trasmissioni si basano sul consenso. Ma cosa significa?

Quando le criptovalute incontrano i social

La forza delle criptovalute sta proprio nei server, capaci di proteggere al meglio le informazioni al loro interno. Allo stesso modo, i server dei social decentralizzati non fornirebbero più dati alle cosiddette terze parti, “colpevoli” di inserire pubblicità mirate fondate sulla segmentazione dell’utenza online. Ma le novità non si fermerebbero qui. Nel 2019, Dorsey scriveva “[…] sviluppare uno standard decentralizzato e aperto per i social media. L’obiettivo finale di Twitter è diventare un client di questo standard.” In altre parole, l’imprenditore auspicava la trasformazione di Twitter nell’equivalente di un protocollo per le e-mail: nessuno le “possiede”, navigano tra account Gmail e Outlook senza nessuna barriera e possono interagire tra loro.

Questo è un punto cruciale del tweet di Dorsey. Con un protocollo come questo, diventa possibile disporre totalmente dei propri account e provvedimenti come il blocco di un utente o la censura dei contenuti diventerebbero un’eco di tempi andati. Nei social decentralizzati l’unico responsabile di ogni azione è il singolo utente: si apre così l’universo della connettività peer-to-peer. Questa assenza apparente di regole si concretizza anche nel venire meno dell’effetto echo chamber, diffusissimo su Facebook, Instagram e Reddit. Di cosa si tratta?

Bluesky: il canto del cigno delle echo chamber

I social decentralizzati remano in senso opposto rispetto alle dinamiche degli algoritmi, a cui siamo abituati da anni. Dinamiche, su cui si basa una echo chamber. Parliamo di un fenomeno secondo cui un utente interagisce soprattutto con altri utenti – e relativi contenuti – in linea con le proprie opinioni. In altre parole, si crea una bolla in cui le stesse idee vengono amplificate per somiglianza, la quale si somma alla filter bubble, nata dalla personalizzazione dei risultati di ricerca. In questo caso, quando un utente effettua una ricerca su un certo sito, quest’ultimo gli propone risultati in base alle sue ricerche precedenti, offrendo ciò che idealmente potrebbe desiderare leggere. Se i social decentralizzati prevengono tutto questo, perché non esistono di già? In realtà, esistono eccome.

Il fanalino di coda di esperimenti mal riusciti?

L’idea alla base di Blusky non è nuova sul piano pratico. Oggi possiamo trovare alcuni social network decentralizzati che fondano il loro funzionamento su un codice open-source. Mastodon, ad esempio. 

Image credits: ceotech

Nato nel 2016 dalla mente del programmatore Eugen Rochko, Mastodon sembra all’apparenza una copia di Twitter, ma è molto di più: il social consente a chiunque di creare un server chiamato istanza, capace di comunicare con gli altri. Questo garantisce una rete di server indipendenti che dà origine a centinaia di istanze diverse, dove l’utente decide regole e contenuti. Ognuno è libero di accedere all’istanza che preferisce e ottiene la possibilità di “trasferirsi” da un server all’altro. Eppure, un elemento nello specifico ha attratto l’interesse dei naviganti online.

Si tratta dell’assenza completa della pubblicità: non vi è alcuna azienda a raccogliere dati e a profilare utenti a cui inviare comunicazioni mirate. Allo stesso tempo, nessuno può bloccare un account perché manca, nel concreto, una compagnia che gestisce l’intero social network.

L’ecosistema open-source ha anche accolto tra le sue fila Matrix, un protocollo capace di creare una rete di chat potenzialmente infinita.

Image credits: matrix.org

Il meccanismo di fondo è lo stesso: è possibile dialogare con utenti al di fuori di Matrix – da Whatsapp a Telegram, per intenderci – ma i dati restano sul proprio server e su quello del destinatario, a totale beneficio della privacy. Se in questo caso l’uso della piattaforma non viene monitorato, lo stesso non può dirsi dei social tradizionali: nonostante ci sia un sistema di criptazione end-to-end, metriche come il numero di messaggi e l’ora di accesso vengono registrate.

Mastodon e Matrix sono solo due esempi, ma i casi di successo sono molti. Allora, che finalità persegue Dorsey con Bluesky, se i social decentralizzati sono già realtà?

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Bluesky: l’obiettivo nascosto del fondatore

Dorsey non è il solo a guardare con interesse il tema del decentramento, date le opportunità di remunerazione. Lo stesso Zuckerberg, impegnato ad arginare la diffusione di fake news su tutti i social targati Meta, presta attenzione al potenziale della decentralizzazione. Ma da dove trarre profitto se le regole sono cambiate?

Secondo il fondatore di Twitter, ottimizzare la user experience sui social è la chiave per ottenere l’attenzione degli utenti. In questo modo, diventa possibile deviare i costi economici e reputazionali legati ai problemi di moderazione di contenuti e alle questioni relative a privacy e libertà di espressione su un unico elemento: l’utente finale. Grazie alla tecnologia blockchain, decentralizzare i social network può ridisegnare il mondo così come lo conosciamo: può cambiare la governance dei contenuti e la loro monetizzazione. Eppure, un unico ostacolo si trova ancora sul cammino del cambiamento: i social decentralizzati restano delle nicchie per pochi per una questione di tempi non ancora maturi.

La questione si rivela, dunque, più culturale che tecnologica: l’aumento del livello di consapevolezza dell’utente medio sui social è la leva giusta per tornare allo spirito originario dell’open internet? Nel frattempo…

Ci leggiamo presto!

Image credits cover: PEI AUTO

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