Da Esselunga a Megamark, da Conad alla Coop, ogni catena della GDO si aggiudica una fetta della penisola italiana. Ma quali sono i motivi per cui un supermarket nasce ed è così radicato in un territorio da non raggiungere il polo opposto?
First things first: cosa si intende per GDO?
Premessa didascalica ma necessaria: per grande distribuzione organizzata si intende una tipologia di vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo, che si realizza in una serie di punti vendita aderenti a un’organizzazione o gruppo che gestisce più negozi contrassegnati da un’insegna commerciale comune. Gli attori della GDO sembrano vivere in un trend sempre attuale, quasi senza tempo. È proprio il tempo, invece, a scandirne fortemente le logiche e le dinamiche in un’ottica sempre più consumer centric.
Ne sono un esempio lampante le evoluzioni che ha subito questo genere di format commerciale, soprattutto nel periodo pandemico, in cui l’organizzazione ha virato verso uno scenario sempre più digital, rafforzando la customer experience online e l’uso dell’e-commerce. Questi cambiamenti vengono trattati nel rapporto di KPMG “Responding to consumer trends in the new reality”, che ha registrato una notevole crescita per il mondo del digital, l’e-commerce e l’intelligenza artificiale. Nel 2020, infatti, in Italia gli acquisti online relativi al settore Food e Grocery hanno riscontrato una crescita pari al 55%, toccando la quota di 2,5 mld di euro.
A ognuno il suo
Le catene della GDO si diversificano le une dalle altre per dettagli, posizionamento e chiare caratteristiche, ma soprattutto per la loro presenza su un dato territorio. In quest’ottica è interessante comprendere perché modelli di business differenti risultino vincenti in determinati contesti e fallimentari in altri o capire se a fare la differenza siano abitudini d’acquisto e need dei consumatori risiedenti in diverse aree della nostra penisola.
Come sappiamo, alcune fasce territoriali sono caratterizzate dalla presenza di un supermercato piuttosto che un altro. Con il Centro-Italia a fare da confine, Esselunga, per esempio, è presente solo al Nord, mentre i supermercati Megamark (gruppo Selex) solo al Sud. Sono rare le eccezioni di catene della GDO presenti, seppur non in egual misura, in tutto il territorio italiano. Basti pensare al marchio bolognese Conad, consorzio che riunisce cinque cooperative principali, associando complessivamente 2.205 dettaglianti in tutta Italia.
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Le ragioni per cui una data catena sia presente solo in una specifica zona dell’Italia non sono del tutto chiare. Non è un caso che, almeno inizialmente, un supermercato si diffonda nei dintorni della prima sede, espandendosi via via nei paesi limitrofi. Questa dinamica potrebbe essere il risultato di un percorso cauto e con un tasso di rischio non troppo elevato: teoricamente potrebbe essere più semplice monitorare e paragonare abitudini e preferenze d’acquisto o bisogni di consumatori che vivono negli stessi luoghi o in paesi vicini, in cui le esigenze sono pressoché identiche. Se questo discorso fosse protratto esponenzialmente si potrebbe arrivare a “conquistare” l’intera penisola, eppure c’è qualcosa che a un tratto blocca tale meccanismo a catena.
Da Nord a Sud: il caso Esselunga
Al netto del fatto che per far funzionare un franchise bisognerebbe trovare un favorevole compromesso tra economie di scala, assortimenti standard e focus sulle tipicità locali, cosa impedisce a un supermercato di espandersi anche in luoghi molto distanti dal paese della sede iniziale?
Da Nord a Sud il discorso potrebbe essere legato a una differenza radicale nelle abitudini quotidiane che si riversano inevitabilmente nelle occasioni d’acquisto.
Le imprese del Sud subiscono il peso di una logistica non all’altezza di un Paese europeo, una burocrazia sfibrante e di clienti con capacità di spesa molto bassa.
Tutti i grandi gruppi internazionali presenti dagli anni ‘90 hanno abbandonato il Meridione poiché non solo il modello da multinazionale non ha dato grandi frutti, ma anche alcuni grandi gruppi nazionali hanno incontrato difficoltà. In questi territori sono necessari investimenti rilevanti esattamente come al Nord e i costi di funzionamento e del personale non si distanziano poi così tanto da quelli del Settentrione, con la differenza che il reddito medio è modesto e c’è dunque minore disponibilità economica per i consumatori con una minore marginalità per gli operatori. Di conseguenza lo scontrino medio è basso in ragione di un carrello più contenuto in termini sia di numerica che di tipologia di prodotto.
Il marchio apparentemente più desiderato al Sud risponde al nome Esselunga che, con i suoi lunghi corridoi ricchi di prodotti altamente diversificati, fa gola agli abitanti del Meridione. Per la punta e il tacco della penisola, ma anche un po’ più su, i celebri prodotti del franchise sono un sogno inarrivabile e sono tante le persone che sperano che la società di Caprotti possa arrivare fino al Sud. Anche sulle pagine social della controllata i clienti del Mezzogiorno, tra cui il signor Bruno, urlano a gran voce un’apertura nei loro dintorni, ma il community manager di Esselunga chiarisce che, almeno fino a qualche tempo fa, non fosse programmata l’apertura di nuovi punti vendita oltre la Toscana. Questo perché il sistema di distribuzione della catena prevede un rifornimento giornaliero dei negozi, possibile nei centri di Milano, Firenze e da qualche anno anche di Roma, fino a una distanza massima di 200 km.
Da Sud a Nord: il caso Megamark
Quello che sembra essere più funzionale e profittevole al Sud-Italia è la scelta di adeguarsi al territorio. Nel Meridione le strategie create oa tavolino delle grandi multinazionali non considerano i micro-poli tipici di quest’area, caratterizzata da centri piccoli e dispersi. Le aziende minori, d’altra parte, devono coniugare ascolto, flessibilità e modernità distributiva perché anche al Sud il cliente si aspetta proposte commerciali, assortimenti, negozi e servizi moderni, esattamente come nel resto del Paese.
Megamark (Gruppo Selex), vanta decine di nomi celebri nel panorama GDO: Famila, Dok, Sole 365 e tanti altri, la maggior parte dei quali presenti quasi esclusivamente nel Mezzogiorno. Il gruppo presenta 478 store totali di cui 296 in Puglia, 26 in Basilicata, altrettanti in Calabria e 130 in Campania. In un’ottica di innovazione e allineamento tra negozi e territorio, l’impresa della famiglia Pomarico non solo ha aderito a CosìComodo (il portale di Selex per l’eCommerce), ma ha anche stretto un accordo con Uber Eats per la consegna della spesa a domicilio nella rete Edpl Sole365 e introdotto altre innovazioni nella GDO al Sud-Italia.
Una questione di equilibrio: il caso Conad
L’equilibrio trovato dalla catena Conad, diffusa in tutta Italia, passa molto attraverso i fornitori locali e la fine conoscenza territoriale che esprime un fatturato notevole tra Puglia e Basilicata, puntando sull’aggiornamento della rete di vendita attraverso importanti investimenti, sulla cura nei passaggi generazionali e sul rapporto con le comunità locali. Walter Boccuni, Direttore Generale Operativo di Conad, sostiene che le imprese di dettaglianti Conad in Puglia siano mediamente più grandi rispetto a quelle del Nord e sottolinea quanto sia importante il ricambio generazionale. I soci, a suo dire, mettono a fattor comune un percorso di crescita per i giovani, in uno spirito di scambio di expertise e di aiuto reciproco.
Il digitale rappresenta, come spesso accade, una grande opportunità sia nell’operatività aziendale sia per i servizi al consumatore, ma per il territorio presidiato da Conad rappresenta una grande sfida poiché le distanze elevate, una minore propensione dei clienti verso l’e-commerce e una minore densità abitativa non ne permettono la piena affermazione.
It’s all about marketing mix
In seguito a questa analisi, è necessario tirare le somme per capire quali sono i driver che spingono un supermercato verso l’apice del successo. I focus su cui fare leva passano inevitabilmente da un marketing mix ponderato e il più possibile plasmato sulle esigenze locali.
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A partire dal prodotto, l’offerta deve essere calibrata in base al pubblico di riferimento che nel supermercato cerca normalmente merce di qualsivoglia genere e utilizzo. Soprattutto nel Sud-Italia i mercati rionali o i negozi che offrono esclusivamente prodotti caseari e artigianali sono da considerare veri e propri competitor, che forniscono una produzione fresca e a prezzi più che concorrenziali.
Il prezzo è, per l’appunto, una questione altamente rilevante in tale ambito, poiché a parità di costi per la realizzazione di grandi supermarket sia al Nord che al Sud, la successiva disponibilità a pagare dei consumatori risulta più alta nel Settentrione che nel Meridione. Ne deriva che tante realtà della GDO non siano sostenibili in alcune aree della penisola e siano, invece, fortemente profittevoli in altre.
Tali dinamiche sono certamente figlie di circostanze territoriali che presentano esigenze fortemente diversificate in alcuni casi, ma desideri simili in altri. Come abbiamo visto, il reddito, la logistica e la burocrazia, rappresentano spesso limiti insormontabili in termini aziendali, impedendo investimenti che possano rivelarsi fruttiferi nel tempo. Ma il desiderio di innovazione e modernità, soprattutto nei contesti cittadini, è vivo tanto al Nord quanto al Sud, annullando così la distanza tra i due poli o perlomeno minimizzandola.
La promozione di queste realtà raramente si diversifica tra Nord e Sud, parlando spesso a un pubblico che, al di là della provenienza geografica, presenta caratteristiche e need comuni. La convenienza, la qualità dei prodotti e la praticità nell’acquisto continuano a essere le stelle polari che guidano i consumatori e che rappresentano le leve maggiori nei contenuti comunicativi dei marchi della Grande Distribuzione.
Il supermercato e l’intero sistema della GDO è probabilmente uno degli ambiti aziendali che più hanno a che fare con l’umano ed è forse per questo che subisce dinamiche così altalenanti e spesso non del tutto prevedibili. Nei negozi di qualsiasi catena convivono banalmente ricchi, poveri, madri, padri, bambini, nonni, studenti o giovani lavoratori. Lo studio più profondo è quello del popolo, di insight legati alle persone che abitano in quel paese e non altrove. Tutto quello che è necessario considerare passa dal territorio che è risultato della gente che lo abita.
Image cover credits: Inside Marketing