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Cara Egonu, eppure è la nazionale ad averti reso un brand

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7 Settembre 2023
Silenzia il telefono

La polemica che sta investendo in questi giorni il mondo sportivo italiano ha notevoli contatti con il mondo della pubblicità. Egonu è diventata testimonial di assoluto livello soprattutto grazie alla maglia azzurra e con brand che puntano sull’italianità. Chissà che nelle frizioni con il ct Mazzanti non ci sia anche la necessità di difendere un posizionamento…

Il volley è uno sport meraviglioso che conta più di 15 milioni di appassionati in Italia ma, inutile girarci attorno, anche ad esserne innamorati bisogna ammettere che non è il calcio. Almeno per il versante che più interessa il settore del marketing e della pubblicità. Non è un discorso di valore né di legittimità di uno sport ad essere più rilevante di un altro. È, banalmente, un calcolo matematico dell’audience e del movimento di denaro che questo si porta dietro. Tutti aspetti cui i brand guardano con una certa attenzione pur non essendo le uniche bussole di movimento.

Il confine della nonna

Bene, questa premessa per dire che qualsiasi testimonial arrivi da uno sport che non sia il calcio in Italia (e anche in Europa) ha necessariamente bisogno del traino della Nazionale per superare quel confine che passa tra un personaggio di settore e uno nazionalpopolare. Potremmo con estrema sintesi definirlo “il confine della nonna”: aleatorio, non così scontato e difficile. Prendiamo il motociclismo: tutte le nonne d’Italia sapevano chi fosse Valentino Rossi ma siamo sicuri che tutte le nonne d’Italia sappiano oggi chi sia Pecco Bagnaia? Eppure entrambi sono campioni del mondo. Ecco, per varcare il confine della nonna ci vuole un mix di personalità e risultati ma di sicuro serve l’Azzurro tricolore. Occhio che carattere non significa per forza essere istrionici. Pensiamo ad Alex Schwazer (prima delle vicende di doping) o Tania Cagnotto: entrambi sono stati (e sono) testimonial ricercati pur essendo molto tranquilli e pacati.

Senza la Nazionale sarebbe rimasta circoscritta

La corposa introduzione generale serve ad entrare con una certa cognizione di causa nell’affaire tra Paola Egonu e la Nazionale azzurra di volley. La prima, sostanzialmente, ha posto un aut aut: o io o il ct Davide Mazzanti (reo di alcune scelte in verità tecnicamente piuttosto singolari e discutibili). Non è la prima volta che l’opposto fuoriclasse prende e lascia la maglia dell’Italia a piacimento trattandola come un orpello da spolverare solo quando le condizioni sono ottimali. Dallo sfogo anti razzista (da difendere sempre) a questo ultimatum diciamo che Egonu non ha mai considerato l’Italia un simulacro sacro a prescindere di tutto. Anzi. Eppure proprio la maglia azzurra è quello che le ha consentito di varcare il “confine della nonna”: considerarla strumentale alle proprie rivendicazioni personali è forse ingeneroso. Intendiamoci, Egonu rimane una delle fuoriclasse più incredibili della pallavolo di oggi e anche della storia. Italiana, europea e mondiale. Giocando solo nelle squadre di club (per quanto iper titolate come Conegliano o Istanbul o glam come Milano), però, sarebbe ugualmente rimasta sempre e soltanto una stella rinchiusa nel suo sport. Ampio, certo, ma anche limitato. Mettiamola come si vuole ma non sono Imoco, Vakifbank o Vero Volley a regalarti la nazionalpopolarità. Nessuna di queste, per dire, avrebbe mai potuto darle la vetrina globale garantita dal ruolo di portabandiera olimpica (Tokyo 2021).

Senza l’Italia sarebbe salita sul palco di Sanremo?

Ecco, dunque, che l’Italia ha consentito ad Egonu un posizionamento da testimonial di tutto rilievo. Il tricolore, insomma, le ha permesso di mettersi in tasca parecchi soldini (al di là degli ingaggi con l’ultimo che a Milano supera il milione di euro con 800.000 euro di base più bonus e premi vari). Già nel 2020, infatti, la sua quotazione come testimonial di EA7 (Giorgio Armani) era di 700.000 euro. Ancora oggi il rapporto con lo stilista è vivo e la sensazione è che ci sia anche questo zampino nel ritorno dalla Turchia della campionessa (Armani ha il cuore operativo a Milano). Senza l’Italia, inoltre, Egonu sarebbe salita sul palco del Teatro Ariston a co-condurre una serata del Festival di Sanremo assieme ad Amadeus? Difficile da credere eppure quella comparsata dovrebbe (le cifre, pur essendo televisione pubblica, non sono ufficiali) esserle valsa 25.000 euro. Per una serata. Soldi, peraltro, che sono dei tifosi dell’Italia (gli italiani…). In misura minore troviamo anche la casa editrice Piemme che vende un suo libro nella collana “Battello a Vapore” intitolato “18 segreti per diventare stelle” con prezzo di copertina a 7,99 euro. Chissà se tra i 18 segreti avrà trovato spazio per uno azzurro.

Decida tra riconoscenza ed opportunismo

Le sponsorizzazioni all’insegna dell’italianità (ohibò…) non si fermano a Giorgio Armani perché Egonu è stata anche volto di Barilla. Niente di più identificativo come la pasta. L’opposto è stata anche inserita nel “Barilla – Italia Team” per le olimpiadi di Rio e Tokyo assieme ad altri campioni tra cui, chi si rivede, Tania Cagnotto. Chiaramente trattandosi di accordi privati non esistono cifre su quanto denaro abbia mosso questa partnership. Tra gli sponsor personali dell’atleta, inoltre, compare anche DAO Sport, società specializzata nello sport management. Ci sono, infine, gli sponsor specifici delle squadre di club e, soprattutto, della Nazionale che l’hanno spesso usata come volto di campagne. Beneficiando della sua immagine, chiaro, ma anche aiutandola ad accrescere la sua audience personale che potremmo sommariamente pesare con i follower sui social. Piattaforme dove si intuiscono altre collaborazioni come Sky Italia o Istituto Erboristico L’Angelica. Su Instagram, comunque, Egonu conta 483.000 follower: molti di questi sono arrivati grazie alle esibizioni trionfali in maglia azzurra. Nell’aut aut imposto, insomma, forse c’è anche traccia di questo posizionamento da difendere. La maglia dell’Italia è veicolo importante dove non si può viaggiare seduti dietro di fronte a questi numeri. Cara Paola, ti vogliamo tutti un gran bene: ammesso tu decida presto tra riconoscenza e opportunismo.

Ci leggiamo presto!

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