Citroën AMI è la biposto elettrica lanciata da Stellantis ed è famosa per un design così poco convenzionale da lasciare sbalorditi. Ma ancor più avanguardista è la campagna social con cui Havas Milano ha scelto di presentarla al pubblico italiano. Ve ne parliamo in questo pezzo.
MOLTO PIÙ DI UN ESERCIZIO DI STILE
Dietro alle geometrie stondate e goffamente cartoonesche della scocca di Citroën AMI, il nuovo quadriciclo elettrico di casa Stellantis, si cela un lupo mannaro. L’estetica della biposto marchiata Citroën fulmina, scandalizza, coinvolge come sanno fare solo le provocazioni così estreme da apparire fuori luogo.

Guai a derubricarla all’esercizio di stile di un car designer sciroccato che nel processo creativo si è imbattuto, quasi per caso, nell’anello di congiunzione tra un golf cart e la papamobile.
AMI risponde a un posizionamento studiato con squadra e compasso, attaccando con grinta da predatore il segmento di mercato dei car user cittadini. Un piccolo monumento semovente alla civiltà urbana, pensato, per stessa ammissione del direttore marketing di Citroën Italia, Alessio Scutari, per tutti.
Intervistato dalla redazione di manageritalia.it, in risposta a chi gli chiedeva quale fosse il target privilegiato della microcar più irriverente dell’ultimo decennio, Scutari ha dichiarato che: “AMI-100% ëlectric è per tutti! L’obiettivo di Citroën è quello di soddisfare tutte le esigenze di spostamento dei clienti, occasionale o regolare, con la famiglia o gli amici, individuale o condiviso.”
Tendiamo a diffidare di chi, nel tratteggiare una strategia di marketing, identifichi i propri prospect con un generico “tutti”, che purtroppo spesso equivale, nel concreto, a “nessuno”.
Va detto che però il management di Citroën in questo caso non mente né degrada nella retorica e per una serie di ragioni piuttosto fondate.
Alla vista, AMI non è né più e né e né meno che il classico quadriciclo elettrico commercializzato per soddisfare l’ansia di indipendenza dai genitori di un pubblico di sedicenni. Non lo è solo per l’aderenza ossequiosa alle normative, ma soprattutto per gli attributi di un prodotto intangibile attentamente calibrato su desideri, deformazioni e tic d’acquisto della Gen-Z.
Le linee della vettura sono strutturalmente compatibili con l’estetica di una generazione che ha abbandonato lo stile minimale dei fratelli maggiori, i detti millennial, per abbracciare canoni eclettici, borderline e spesso ultra-appariscenti.
AMI è 100% electric (anzi, ëlectric, come a voler aggiungere a colpi di branding stravaganza alla stravaganza) e conosciamo tutti l’integralismo verde dei nati nel nuovo millennio, almeno negli intenti.

Per concludere, il piatto forte: il piccolo veicolo viene distribuito in una formula avveniristica, che ribalta le consuetudini di un secolo di distribuzione nel comparto automotive.
AMI è interamente acquistabile online e non è propriamente un prodotto, ma una vera e propria silloge prodotto-servizio. Citroën, in parallelo a un più tradizionale acquisto secco, mette a disposizione anche un noleggio a lungo termine corporate, alla cifra di 19,90 € al mese per 35 mensilità. Due anni e undici mesi per colorare la tarda adolescenza di indimenticabili avventure urban a bordo della biposto, riconsegnarla alla casa madre (sic.) e raggiungere la prima sede della motorizzazione provinciale per conseguire la patente B. Qui però si concretizza il colpo di teatro: ben lungi dall’essere un giocattolo per Zoomers, AMI si presta a n possibili collocazioni di mercato fuori da questa comfort zone anagrafica. Si potrebbe trattare, ad esempio, di una soluzione ideale per piccoli business, bisognosi di un utility car agile per rifornimenti nella giungla del B2B cittadino. Al contempo, Citroën entra in forcing nel mercato del car rental, che soprattutto nei grandi centri urbani da tempo fa faville, con un modello che fonde accesso e acquisto in un’accezione davvero innovativa.
Non è mistero che tra i car manufacturer vada ultimamente molto di moda reputare che il moderno produttore d’automobili non possa più limitarsi a progettare, produrre e commercializzare vetture. La casa d’auto del futuro deve essere un mobility provider a tutto tondo, qualunque cosa ciò significhi. Progetti come AMI avvicinano a passi spediti a questo orizzonte.
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UN ALL-IN CREATIVO
Immaginate di ricevere un brief di agenzia per un prodotto con features così distintive. Una delle tentazioni più istintive sarebbe quella, con tutta probabilità, di mettere a lucido l’ampia gamma di servizi correlati, paralleli e integrativi che vi abbiamo elencato nel paragrafo precedente, anche per sorvolare su un design dalle linee, per dirla con uno zuccheroso eufemismo, inconsuete. Del resto, effettuare un all-in creativo sull’estetica di un veicolo che ha questo aspetto potrebbe essere un rischio che né il produttore né una qualsivoglia agenzia di comunicazione vorrebbero sobbarcarsi.

E invece, se vogliamo ricostruire con un po’ di ingegneria inversa l’architettura di campagna con cui AMI è stata presentata al pubblico italiano, è precisamente avvenuto ciò, e con risultati esilaranti. E questo avviene soprattutto su quei canali social che Havas e Mediacom, le due agenzie che gestiscono rispettivamente creatività e pianificazione media per conto di PSA (e quindi, di Stellantis), hanno scelto come via maestra per raggiungere verosimilmente un target 20-35. Il caso è uno di quelli in cui la ripartizione del budget è già un dato eloquente, con il digitale a cannibalizzare il 40% di quanto stanziato dalla casa madre.


Il trattamento creativo, si è detto, è la trasposizione pubblicitaria dello spirito dell’operazione AMI. L’irriverenza della campagna digital, che consta finora di una serie post apparsi sulla pagina Instagram di Citroën, è la traduzione in copy & visual di quelle linee estetiche che sembrano cercare apertamente la risata.
Il piacevole paradosso di queste creatività risiede nel tentativo (artificiale, ma sicuramente inedito) di rendere AMI un’icona. Per farlo, poco importa se il prodotto viene preso deliberatamente di mira, mettendone in luce la contenuta velocità di crociera o le fattezze non indimenticabili.



Quello che conta è fare di AMI una sorta di meme automobilistico, di cui i possibili difetti che potrebbero scatenare il pubblico social sono leve di comunicazione da impugnare a tutta forza. Del resto, il mercato automotive – specie laddove c’è transizione ecologica da invocare – comunica guardando al purpose e all’etica d’alto livello. AMI, che pure potrebbe rivendicare una porzione di questo capitale contenutistico, non lo fa. AMI è leggerezza, è gioventù, è ribellione. E dunque, ne si rida, perché ridere piace a tutti. Ai posteri l’ardua sentenza: convertirà anche?
Ci leggiamo presto!