Raydiant ha elaborato un software per la segmentazione dei clienti attraverso l’osservazione e lo studio delle caratteristiche fisiche
L’algoritmo si sposta nel mondo fisico grazie all’intelligenza artificiale. È la tendenza che si sta affermando in particolare nel settore della ristorazione con la novità del fornitore di attrezzature per negozi di San Francisco, Raydiant: profilare i clienti attraverso gli schermi dei menu nei fast-food. E se questa può sembrare una cosa già vista, la vera novità sta nel meccanismo per la segmentazione: l’individuazione di caratteristiche del viso come le rughe.

Customer experience e vendite: obiettivi paralleli
Può sembrare distopico, ma la compagnia californiana ha elaborato un software basato proprio sull’intelligenza artificiale per rilevare informazioni sui clienti – età, genere, ma anche ora del giorno in cui si trovano – osservandoli mentre scelgono il menu sugli schermi dei fast-food, per creare una profilazione delle varie categorie di persone e suggerire prodotti personalizzati sulla base delle caratteristiche evidenziate. Due gli obiettivi che muovono il progetto: garantire una customer experience migliore e personalizzata e far aumentare le vendite ai ristoranti.

Oltre l’esempio di McDonald’s
Precursore della profilazione e personalizzazione nel settore della ristorazione è di sicuro McDonald’s, che già negli anni passati aveva scelto l’intelligenza artificiale nel tentativo di garantire ai clienti un servizio migliore e permettere di personalizzare gli ordini. Attraverso i predictive analytics e il machine learning, la più nota catena di fast-food vuole sfruttare le informazioni sulle abitudini dei consumatori per gli stessi obiettivi: migliorare le vendite e offrire un’esperienza migliore. Con il nuovo software, Raydiant fa un passo avanti nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, profilando non solo i clienti in base agli acquisti passati, ma segmentandoli proprio attraverso l’osservazione e l’analisi dei tratti del viso.

Il dibattito
La questione non lascia di certo fuori implicazioni etiche: tra chi definisce il software inquietante e chi denuncia il rischio di creare bias o stereotipi di genere, il problema principale riguarda soprattutto la privacy e il potere della pubblicità nel settore del cibo, in particolar modo per i fast-food. Ma, rassicura il CEO di Raydiant Bobby Marhamat, i dati sono raccolti e processati in maniera anonima, garantendo la privacy e ribadendo l’efficacia in termini di esperienza. Resistono, però, perplessità su quanto sia effettivamente utile e positivo suggerire i menu in base all’algoritmo, a discapito della scoperta e della novità.
Ci leggiamo presto!