Airbnb, l’host di affitti a livello mondiale, potrebbe essere danneggiato da una legge emanata da alcune grandi città. Una difficoltà, però, che il marketing può trasformare in un’opportunità
Le metropoli fanno la guerra a Airbnb? Non tutte ma in molte realtà il gioco si fa duro. A cominciare da New York, che ha appena emanato una legge locale specificatamente restrittiva. Ad inizio di settembre, infatti, è entrata in vigore la regola per cui gli host di affitti a breve termine dovranno necessariamente essere approvati e chi affitta deve essere fisicamente presente nello spazio in cui i clienti vengono ospitati. Una vera casa messa a disposizione.
Restrizioni sugli affitti turistici nelle grandi città del mondo
Si tratta, dunque, di un grande limite, che potrebbe estendersi ad altre città quali Dallas, Memphis, Quebec, San Francisco, Parigi e Barcellona, dove sono state emanate leggi simili, pertanto penalizzanti nei confronti dei proprietari che si occupano di affitti a breve termine. Quale impatto possono avere queste restrizioni su Airbnb? Da un lato, Theo Yedinsky, direttore delle politiche globali di Airbnb, lo interpreta come un segnale di malcontento verso l’invasione di turisti, ma dall’altro Marcus Rader, fondatore e CEO di Hostaway, che crea software per gestori di proprietà e host Airbnb, è convinto che questa legge non danneggerà gli affari dell’azienda. Il motivo è semplice: la maggior parte degli affari, e degli immobili, proposti si trovano in località amene fuori città, a conferma del fatto che Airbnb ha il suo business maggiore nelle comunità di cottage, ovvero lontano dalla folla. Questa tendenza era iniziata in tempi di pandemia, quando si preferiva fare vacanze defilati, per evitare luoghi affollati, prediligendo l’affitto di grandi case con tutti i confort da condividere con familiari ed amici. È rimasta tale la voglia. Partendo da lì, dunque, in questi anni gli affitti in luoghi appartati dimostrano di avere sempre più appeal, perché regalano privacy e tranquillità, al contrario delle aree comuni degli hotel per quanto lussuosi essi siano. Una questione, dunque, di filosofia più che di pratica.
Dalla difficoltà all’opportunità
È proprio su questa forza che fa leva la campagna di Airbnb, attiva su video digitali e social soprattutto negli Stati Uniti e Canada, ma presto disponibile anche nel resto del mondo. Gli slogan sono molto semplici ma di effetto. Get an Airbnb and get a place to yourself, per esempio, accompagna un video in cui genitori finalmente senza figli scappano da un hotel con una piscina piena di bambini urlanti per rifugiarsi in una tranquilla ed esotica villa con piscina privata. Stessa frase ad effetto per un gruppo di amici che, arrivati in hotel si trovano in stanze separate, quando invece vorrebbero avere spazi di condivisione ma privati. La soluzione è ancora una volta una casa in cui gli spazi vengono gestiti e definiti dagli ospiti. Altro slogan e altro spot, fresco fresco di pubblicazione, che recita Get an Airbnb and get more space, in cui vengono illustrati i vantaggi di una casa su più piani rispetto ad una stanza di hotel convenzionale. In particolare se le persone da ospitare sono tante e ognuna con esigenze diverse.
Un business che va avanti deciso
Finora, le restrizioni nelle grandi aree metropolitane non sembrano aver avuto un effetto significativo sul business complessivo di Airbnb, anzi. A luglio negli Stati Uniti si è registrato il maggior numero di notti in un noleggio a breve termine mai registrato, il 9,4% in più rispetto a luglio dello scorso anno. Si può affermare che le limitazioni dovute alla legge locale 18 di New York hanno avuto un impatto maggiore sui residenti della città e sull’economia del turismo più che sull’azienda. Hanno inciso in aree con costi abitativi molto alti dove i proprietari di case fanno affidamento agli affitti a breve termine per avere un’entrata in più e poter contenere i costi.
E in Italia?
E in Italia come siamo messi? L’argomento è emerso poco tempo fa, in concomitanza con il decreto legge appena presentato che renderà obbligatorio il codice identificativo nazionale e il limite di soggiorno minimo fissato a due notti. In Liguria, per fare un esempio, questa proposta è stata accolta con entusiasmo per approdare ad una regolamentazione più chiara, alla quale si dovranno adattare anche i maggiori portali di intermediazione turistica, come Casevacanza.it e Casadaprivato.it. Davvero questo decreto sarà da contrasto alla concorrenza sleale e renderà più facile trovare appartamenti in affitto in centro città?
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