La privacy è un problema molto spinoso per le aziende. Negli ultimi due anni si sono registrate le sanzioni più costose della storia coinvolgendo praticamente tutti i big player mondiali. Dalla localizzazione ai numeri di telefono, dall’Ue agli Usa: il ginepraio è sempre più fitto e pericoloso
Privacy. Un concetto che dovrebbe tutelare e ormai troppo spesso viene utilizzato come una clava sui conti delle imprese big tech mondiali (e ne abbiamo parlato anche noi diffusamente). Le notizie di sanzioni pesantissime, dunque, ormai compaiono con una cadenza piuttosto regolare e i legislatori stanno stringendo la morsa tenendo, almeno in Europa, il Regolamento Generale Ue (Gdpr) come bussola. Le multe? Salatissime. E anche questa non è una novità con gli Usa che non sono da meno.
Dura vita anche negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, dunque, non se la passano meglio con l’entrata in vigore della severa legge nota come California Consumer Privacy Act (Ccpa) colpendo immediatamente il brand Sephora per 1,2 milioni di dollari. Non bastasse per gli esperti il quadro andrà incontro ad ulteriori irrigidimenti con una pressione che sarà sempre maggiore sulle aziende che registrano e gestiscono dati dei consumatori. Abbiamo stilato un elenco delle cinque sanzioni più pesanti in tema di privacy. Giusto per stare tutti più tranquilli.
Didi Global: 1,19 miliardi di dollari nel 2022
La più grande sanzione comminata al mondo è caduta sulle spalle dell’azienda cinese di piattaforme tecnologiche di mobilità Didi Global nel luglio scorso. Le autorità di Pechino hanno stabilito che i sistemi in uso all’impresa violavano le leggi sulla sicurezza in rete, dei dati e relative alla protezione delle informazioni personali. Ed ecco staccata la cifra monstre: 1,19 miliardi di dollari. A queste vanno aggiunte le multe personali a due dirigenti di Didi Global ciascuna per 140.000 dollari. L’indagine è durata un anno ed è stata coordinata dalle autorità governative che in Cina, come abbastanza noto, sono difficilmente contestabili.
Amazon: 887 milioni di dollari (2021)
Nel luglio 2021 l’impero Amazon inciampa nella tagliola delle autorità europee di Lussemburgo che infliggono una sanzione di 887 milioni di euro per violazione dei dati e mancato rispetto dei principi del Gdpr. Il tutto imponendo una revisione delle pratiche che, in realtà, nessuna ha mai spiegato bene nel dettaglio. Quanto ha influito il clima politico? Abbastanza. Di fronte a crescenti voci di lassismo nell’applicazione delle norme Gdpr il mirino è andato subito sulla più simbolica delle vittime. Colpirne una per educarne cento? Forse.
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Cosa determina la cifra della sanzione sulla privacy?
I fattori sono tanti partendo dal più ovvio: più grave è la sanzione più alto sarà il conto da pagare. Ad aggravare le situazioni ci sono poi la gradualità degli effetti della negligenza o la pervicacia nell’insistere anche a fronte di precedenti avvertimenti. Concorrono poi la durata della violazione, la tipologia dei dati utilizzati e, ovviamente, la quantità. Nello specifico caso di Amazon è stato fatto ricorso e ancora non vi è stato dibattimento nei tribunali europei.
Equifax: 575 milioni di dollari (2019)
Torniamo al 2017 quando l’agenzia di credito Equifax compromise i dati di 150 milioni di consumatori per una vulnerabilità del database mai corretta. L’azienda ha accettato di pagare la sanzione di 575 milioni in accordo con la Federal Trade Commission statunitense. Di questi 300 milioni sono stati accantonati in un Fondo che offre servizi di monitoraggio del credito agli utenti colpito e altri 125 milioni sono stanziati per coprire eventuali ulteriori danni. Equifax ha anche accettato controlli da parte di terzi sulla sicurezza. In Inghilterra l’azienda aveva già subito una sanzione minore da 625.000 dollari.
Instagram: 403 milioni di dollari (2022)
Qui siamo di nuovo di fronte nella cronaca più stretta perché a settembre a capitolare è stata Meta con Instagram con la multa da 403 milioni comminata dal Commissario per la protezione dei dati dell’Irlanda. La violazione contestata è relativa alle norme di tutela dei minori con la piattaforma che ha rendeva, di fatto, pubblicamente disponibili i numeri di telefono e gli indirizzi mail dei giovani utenti che passavano da un account business o creator (forse per ragioni di analisi dell’account e delle sue performance). L’indagine era stata avviata nel 2020 con preciso focus sugli utenti di età compresa tra i 13 e i 17 anni. Va detto che la collaborazione di Meta è stata totale. La sanzione, inoltre, è arrivata dopo che le impostazioni erano già state aggiornate.
Google: 391,5 milioni di dollari (2022)
Proprio questa settimana Google (o meglio: Alphabet) ha accettato di patteggiare 391,5 milioni di dollari dopo le accuse avanzate da 40 Stati americani che accusavano il colosso di Mountain View di tracciare illegalmente la posizione degli utenti. Oltre alla sanzione Google sarà chiamata a fornire informazioni più dettagliate sui dati di localizzazione con una pagina web dedicata. Qui l’inchiesta era stata avviata nel 2018. “Quando un consumatore decide di non condividere la localizzazione dal proprio dispositivo deve avere fiducia che un’azienda non traccerà i loro spostamenti” le parole del procuratore generale dell’Iowa Tom Miller. Il risultato sarà, verosimilmente, fornire agli utenti strumenti più facili per la cancellazione di queste informazioni.
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