Avete capito benissimo: Adv History non poteva non portarvi nei peggiori bar di Caracas, dove peraltro il rum dovrebbe essere autentico e buonissimo. Nell’episodio di oggi rispolveriamo la campagna di Pampero, che ha fatto scuola in tema di copywriting!
Quando si parla dei “Peggiori bar di Caracas“, abbiamo sempre un’immagine nitida in testa, ben lontana dall’igiene e dalla cortesia e molto più familiare al rum che a scorre a fiumi e a sberle in seguito a occhiate maldestre. A chi ha più di 30 anni, viene in mente anche il Pampero, un rum forse al di sotto delle qualità più raffinate che nelle ansie dei genitori degli anni 2000 ha rappresentato il portale di ingresso nel mondo dell’alcolismo. La colpa è anche di questo spot e dell’immagine che diffonde: un bar poco raccomandabile, un televisore che funziona a schiaffoni, un accento sudamericano eloquente e il rum Pampero che viene presentato come “Il più bevuto nei peggiori Bar di Caracas”. Non ci fu solo un video: la campagna venne declinata anche in spot radio e poster pubblicitari appesi in giro per le città italiane.
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Sembrerà strano che un brand abbia avuto bisogno di tirare in ballo i Peggiori Bar di Caracas per promuoversi. Il significato in realtà è molto più sottile di quello che sembra: non tanto quello che il Pampero vale poco e costa poco (e quindi si trova anche nei luoghi più beceri), quanto che il Pampero si trova in quel genere di bar perché è vero, autentico e verace, proprio come il locale mostrato nello spot. E che anzi, se vuoi sentirti uno tosto e rispettato che aggiusta le tv schiaffeggiandole, devi prenderti un Pampero. Una vera e propria provocazione – da parte di un super alcolico, che è un prodotto tradizionalmente “scorretto” – alla faccia della retorica di quei prodotti che si trovano solo “nei migliori bar” o “nelle migliori salumerie”.
Ecco quindi l’idea di Leo Burnett Italia del 2005, anno in cui l’utopia del Nuovo Millennio era già stata abbondantemente disinnescata da terrorismi, tensioni e calamità naturali: via libera dunque alla bellezza della decandenza, al pensiero negativo e distruttivo come rassicurazione e al rappresentarsi malfamati come status, che può anche far sorridere nella sua estremizzazione.
Il successo è potente e va al di là della campagna: la gente capisce il messaggio e l’espressione “Il peggiore bar di Caracas” entra in quel ristretto club di copy da manuale, preciso per indicare in generale, la situazione peggiore. Soprattutto, entra nella cultura popolare che, periodicamente, la fa comparire ancora oggi anche su articoli di giornale, analisi politiche, commenti allo sport, battute di comici e manifesti di protesta. Verrebbe quasi voglia di andare a Caracas e assaggiare, per curiosità, un po’ di rum.