I migliori spot italiani degli anni ’60 e ’70

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22 Luglio 2022
Tocca mettersi comodi

Che li si abbia vissuti in prima persona o nei racconti di genitori o nonni, gli anni Sessanta e Settanta hanno regalato alla cultura italiana autentiche icone. Molte di queste, vengono dalla pubblicità. Ecco una carrellata di creatività dell’epoca per autentici nostalgici!

L’età dell’oro della creatività italiana?

Lustratevi gli occhi voi delle generazioni Z e Y, senza dimenticare un pezzo della X. Insomma voi tutti che non sapete cosa sia una tv in bianco e nero, uno spot di due minuti e mezzo. E soprattutto se non sapete chi era l’ippopotamo Pippo (alla fine si capirà la necessità della citazione). Vi siete persi il periodo d’oro della pubblicità creativa italiana, quando uno spot era la produzione intellettuale più vicina a un’opera d’arte.

Premettiamo subito che questo articolo vi risparmierà le spiegazioni di rito su Carosello con i suoi luoghi comuni sul valore pedagogico e la frase che i boomer italiano conoscono a memoria, ma che non valeva per tutti e cioè “a letto prima di Carosello”. Roba da dispense per un corso pubblicitario online (a proposito di dispense tra poco parleremo di un gigante dell’epoca, dove si diplomò un giovanissimo Umberto Bossi).
Parlando dei due decenni cui questo articolo è dedicato, due pillole su Carosello non possono mancare (per i più curiosi la pagina Wikipedia è fatta molto bene): il programma a cui si devono quasi tutti gli spot di cui parliamo andò in onda dal febbraio 1957 al gennaio 1978 sempre sul Programma nazionale, poi Rai 1. Il contenitore (adesso si direbbe format) durava dieci minuti e le spazio per la parte commerciale era limitata agli ultimi secondi dell’annuncio. Moltissimo prodotti non potevano neanche aspirare ad apparire su Carosello, così come non comparivano le pubblicità delle auto.

Image credits: Novecento.org

I commercial, veri e propri corti, venivano realizzati come un film professionale, girati in pellicola e impegnando set e maestranze delle normali produzioni cinematografiche, spesso ricorrendo a sceneggiatori di fama, musiche d’autore spesso sperimentali e a grandi registi. All’epoca le agenzie erano poche (una su tutte Armando Testa ma anche Young & Rubicam, antenata dell’odierna VMLY&R o McCann-Erickson) e la pubblicità aveva percorsi propri con una figura dominante e cioè la Sipra, la concessionaria pubblica della Rai, che aveva il monopolio di quelli che all’epoca non venivano chiamati spot ma semplicemente réclame e che gestiva anche la pubblicità di diverse testate con un’attenzione molto politica, cioè filo governativa.

In questa selezione, parziale e di parte, parleremo senza alcun ordine cronologico solo di alcuni spot più celebri in una produzione davvero sterminata. Quelli, in pratica, che sono rimasti nella memoria collettiva degli italiani ma anche di tutti i creativi che sono venuti dopo (pensate davvero che nulla rimanga?).

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La Scuola Radio Elettra

Cominciamo da un caposaldo degli anni Sessanta e Settanta e cioè lo sforzo di scolarizzare l’Italia del Dopoguerra. Se in televisione il ruolo fu affidato al maestro Manzi (poi glorificato, da defunto, da una fiction tv), l’istruzione tecnica trovò il suo campione nella Scuola Radio Elettra di Torino con i suoi spot quasi tutti girati a Torino (perché cari milanesi la pubblicità di quegli anni parlava torinese!). La benemerita istituzione finita in anni recenti sotto il cappello Cepu diplomò con profitto anche Umberto Bossi, che per molti anni si vantò, non a torto, del “pezzo di carta” preso per corrispondenza e cioè con le dispense inviate al suo domicilio varesotto.

La Vecchia Romagna tra Fernandel e Gino Cervi

Risale al 1964 questo film per Vecchia Romagna Etichetta Nera (qualcuno può ricordare in tempi recenti lo spot che cercava di “glamourizzare” un prodotto tipico italiano che per decenni è servito a “correggere” il caffè al bancone con la bottiglia sempre a portata di mano del barista). Dicevamo della Vecchia ma qui ci sono due miti della cinematografia e della tv italo-francese: Gino Cervi e Fernandel, ovvero Peppone e don Camillo e ancora il commissario Maigret e il partner di Totò protagonista di 100 pellicole nel film “La legge è legge”.

La bella e dolce cara mammina di Miele Ambrosoli

Oggi si definirebbe un tormentone che potrebbe ispirare qualche istinto omicida splatter ma lo spot di Ambrosoli per il miele Millefiori e le caramelle Lattemiele resta una pietra miliare della comunicazione commerciale del Ventennio Sessanta-Settanta. Una musica che penetrava nel cervello e che utilizzava come forma espressiva il cartone animato, soluzione molto amata dai creativi dell’epoca.

Il gatto Silvestro e l’odioso Titti, De Rica

Altro celebre cartone quello di Gatto Silvestro e Titti, protagonisti di Looney Tunes di una lunga serie per De Rica. Rivedendoli oggi, verrebbe voglia di stare dalla parte di Gatto Silvestro, sempre sconfitto da un Titti odioso e saputello. Grandioso ad ogni modo il claim “De Rica non si può”.

Il gigante buono e Joe Condor, Ferrero

Qui si apre il file delle pubblicità Ferrero. Un gigante che per pubblicizzare in quegli anni i Mon Cheri utilizza la figura del gigante buono contrapposto al cattivone Joe Condor. Uno spot, verrebbe da dire, buonista ed edulcorato, ma molto curato che si apre con l’immagine solida del palazzo sede dell’azienda, una scelta che oggi nessuna società farebbe. Il personaggio del gigante buono fu poi costretto a fare gli straordinari anche per uno spot dedicato alla Nutella. Saccheggiando 70-80.it, vanno riconosciuti come autori dello spot il fumettista Toni Pagot (nome d’arte di Antonio Pagotto) – autore anche di Calimero –  con testi dello scrittore Romano Bertola. Notevole, sopra ogni cosa, la figura di Joe Condor, un bellicoso pennuto-pilota con mirino sul becco e cappello da ufficiale tedesco. Insieme al suo sottoposto (un piccolo corvo, con accento siculo, particolarmente ossequioso: “bacio le medaglie, comandante!“) e una squadriglia di altri tre condor, Joe Condor si lanciava in ogni spot in picchiata per tentare la razzia in un piccolo villaggio. Celebre anche la frase “E che, c’ho scritto Jo Condor!” del volatile (che, nata come grido di battaglia quindi tendenzialmente senza punto di domanda), in breve entrò nel gergo comune, trasformandosi e diventando un sinonimo di: “Ehi, mi hai preso per uno sciocco?” (sulla scorta del finale scontato dei cartoni animati).

Calimero, il whitewashing ante-litteram e Ava

Forse solo Calimero, mitico personaggio della pubblicità italiana, è sopravvissuto a sé stesso grazie a quello che i contemporanei oggi definirebbero un’operazione di whitewashing. Pulcino piccolo e nero creato come detto da Toni Pagot, Calimero appare per la prima volta in un Carosello della società Mira Lanza nel 1970. Essendo caduto nel fango si sporca, diventa nero e non viene più riconosciuto dalla madre. Vive qualche piccola avventura, nella quale rimane sempre colpito negativamente, ma grazie al detersivo Ava, torna a essere bianco, lindo e contento.

Lo stanco Miguel e la danza dei sombreri, Talamone

Sempre nella stessa linea, cioè un cartone animato raffinatissimo con una grande base musicale, si inserisce lo spot di Talmone con il personaggio di Miguel, uno stanco gringo che portava sulle tavole degli italiani i biscotti mattutini (gli antesignani di tutti frollini). Da notare che il motivo musicale era cantato dai Los Gildos, lo stesso gruppo torinese del Gigante della Ferrero, “Pensaci tu”.

Carmencita, Caballero, l’ippopotamo Pippo, il pianeta Papalla e il segno di Armando Testa

Qui, con un fantastico tris e l’elenco potrebbe essere ancora più lungo, tre spot del genio di quel periodo, del più importante pubblicitario italiano, che ha lascato un segno indelebile nella nostra cultura. Armando Testa (1917-1992), come spiega la biografia che prendiamo, con giusta citazione, dal sito del Museo del Marchio italiano, non è stato solo un grande innovatore ma anche un imprenditore di straordinario successo.

“Nato a Torino nel 1917, Testa frequenta la scuola tipografica Vigliardi Paravia dove Ezio D’Errico, pittore astratto, gli fa conoscere l’arte contemporanea, a cui guarderà sempre con grande interesse. [..] Nel 1956 nasce l’agenzia Testa dedicata alla pubblicità non solo grafica ma anche televisiva. Alcune delle aziende che si servono dell’agenzia Testa diventano ben presto leader di settore: Lavazza, Sasso, Carpano, Simmenthal, Lines. Vince nel 1958 il concorso nazionale per il manifesto ufficiale delle Olimpiadi di Roma del 1960. Nascono poi, fra gli anni Cinquanta e i Settanta, immagini e animazioni filmate per la televisione che sono rimaste nella storia della pubblicità, legati a slogan entrati nel linguaggio comune: il gioco grafico fra bianco/nero e positivo/negativo per il digestivo Antonetto (1960); le perfette geometrie della sfera sospesa sulla mezza sfera per l’aperitivo Punt e Mes, che in dialetto piemontese significa appunto “un punto e mezzo” (1960); i pupazzi conici di Caballero e Carmencita per il caffè Paulista di Lavazza (1960); Pippo l’ippopotamo azzurro per i pannolini Lines (1964); gli sferici abitanti del pianeta Papalla per Philco (1969)

Sui tre spot si possono aggiungere poche parole se non quella che il Caballero di Lavazza conquista ancora oggi, l’ippopotamo Pippo è sparito ma in tanti ne rimpiangono la presenza non fosse altro per la follia del suo colore azzurro e del pianeta Papalla se ne sente, anche in tempi di pandemia creativa, la mancanza.

L’indimenticabile linea Lagostina, arte pura

Negli stessi anni in cui si sviluppa al meglio la creatività di Testa fa il suo esordio il primo spot de La Linea, che diventerà una delle serie cartoon di culto più amate e imitate da tutti i cartoonist del mondo. La Linea è il personaggio protagonista di un cartone animato ideato da Osvaldo Cavandoli nel 1969 per l’azienda di pentole Lagostina. La serie fu trasmessa tra il 1970 e il 1991. In ogni sketch (2/5 minuti) il personaggio parla una lingua inventata (grammelot) per il 90%, e breve frasi in dialetto lombardo il restante 10% (la voce è di Carlo Bonomi), e crea la storia interagendo col suo disegnatore. Colonna sonora vagamente jazz curata da Franco Godi e Corrado Tringali.

Perfetti, la Gomma Del Ponte e Carla Gravina Beat

Quelli tra di voi che trovano tesori su YouTube non dovrebbero perdersi uno spot di Perfetti (all’epoca non ancora una multinazionale) dedicato alla gomma del Ponte. La testimonial, ma all’epoca non si usava il termine, era Carla Gravina, un’attrice molto engagée che racconta New York all’epoca della generazione beat con tanto di concerti in Washington Square.

L’olio Sasso e il bodyshaming

Un’altra chicca (ma è davvero l’ultima, lo promettiamo per non far diventare questo articolo un nostalgico trattatello) è quella dello spot dell’olio Sasso, databile al 1960. Qui ci sono alcuni aspetti incredibili che oggi verrebbero bocciati subito. Un protagonista, Mimmo Craig, con incubi notturni per essere diventato “un ciccione”; una governante di colore che sembra uscire da “Via col vento” ma per fortuna non parla “buana” ma con solo un po’ di accento veneto; una colonna sonora straordinaria come il “Mattino” di Edvard Grieg.   

E dagli anni Sessanta e Settanta è tutto!


Ci leggiamo presto!

Image credits cover: Il giornale dello Spettacolo

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